Alessandro De Santis, Metro C

19-05-2014

La fauna umana e la sua lotta quotidiana, di Nicola Bultrini

«Si scava verso un fondo / che fondo non è mai», scrive Alessandro De Santis nella sua ultima raccolta di versi, «Metro C» (Manni). Il poeta invero affonda le mani e lo sguardo nel ventre molle del contesto urbano, incontrando fantasmi, celebrità, anime anonime; una fauna umana povera, ma ricca, che ingaggia il suo quotidiano corpo a corpo con la vita. C’è chi «ti passa accanto come un polline» e «respira quasi con vergogna», c’è il matto che dice la verità, chi «soffia una preghiera dal / perimetro ancora in calpestato» e «vive un’ora che non è la sua». Nella periferia geologica del mondo, i personaggi nutrono «pensieri cariati», raccolgono «ferri, cocci, e materiali», seguendo le correnti, di un’esistenza nevrotica e quasi incomprensibile. Ma con la grazia di un artigiano d’altri tempi che lavora la materia cruda, De Santis raccoglie i fotogrammi che sfidano il tempo e si orienta lentamente verso un centro, che non è quello cittadino, bensì la messa a fuoco del nucleo, l’essenza della vita, anche solo sfiorata o appena intuita.