Alessandro Puglia, L'ombrellone

01-11-2007
Dentro la tradizione, di Alessandro Moscè

C'è una giovane (e giovanissima) poesia italiana che si sta affacciando, neppure timidamente, nel proscenio del terzo millennio e che merita più attenzione da parte della critica militante. Una poesia essenzialmentenlegata alla tradizione, scritta da chi prenderebbe Umberto Saba o Giorgio Caproni (per dire di due grandi) come pietra angolare del proprio scrivere versi, piuttosto che certi echi di avanguardia e di neo sperimentalismo.Uno di questi giovani autori (peraltro agli esordi, e quindi "assolto" più di altri), è il siciliano Alessandro Puglia, che convince con la sua breve raccolta L'ombrellone (Manni, Lecce 2007).Una poesia franca la sua, "candida" nel vero senso del termine. Perché Puglia si fa sentire come specchiato poeta del sentimento, pur non cadendo mai nella retorica del sentimentalismo. E', in altre parole, autentico, pro fondamente vero, pertanto giudicabile oltre l'età anagrafica. Il verso, per lo più libero,risulta ritmico, intriso soprattutto di belle chiuse. Per esempio quando scrive: "Mi sono accorto / che amare / è stato fare / delle nostre giornate / un tetto / dove è appeso / il passato": Oppure: "Tra mille arance che ho davanti / quelle cadute a terra / sono il mio dolore”. Stanza quotidiane, vicende di routine sono trasformate in afflati lirici, in un'umanità allargata che si desta dall'abitudine, che fissa schegge del presente riversa te in un passato vicino e già sfumato. Non c'è mai indifferenza in questo sentire che esplora (e implora), in questa verità immedicabile, irrimediabilmente persa e salvata dal ricordo dell'adolescente. "Il credere nelle stesse cose", come recita il titolo di una poesia, consente anche di prendere per mano le cose e le persone, di testimoniare un simbo o, un dominio. Cyclette è uno dei più efficaci testi in cui Alessandro Puglia vede il senso impareggiabile della perdita, il significato del vuoto di dolore, una complicanza che però rigenera: "Non abbiamo fatto in tempo / per stringerci in corsa / e controllare il battito. // Abbiamo pedalato a vuoto / lungo la linea retta della vita". Una linea retta che traccia un tempo realmente malinconico: il tempo di Saba, di Caproni, ai quali si alludeva e dei quali si percepisce l'influsso del lettore che ha sedimentato una grazia, un sogno di giovinezza, l'ulcera della vita in un tragitto "fotografico", ancora in gran parte da compiere e da trasporre. E proprio Tragitti è un'altra poesia che ha uno scatto davvero sintomatico: "E' in questo tragitto / da Bologna a Firenze / che a me piace immaginare / il tuo sedermi di fronte, / il restare a parlare / di una lettera in risposta a". Alessandro Puglia usa aggettivi "casti" e li "posiziona" tra un implacabile amore e una richiamata nostalgia. Una nostalgia mai immobile, o di resa, ma che va in cortocircuito con l'esistenza tutta, perché se ne carpisca un'umile conoscenza. Pensieri e immagini esplicitate si saldano in un unico corpo, in unico respiro. Su questa sintonia si situa un altro testo, La partita in spiaggia, che vale la pena essere riprodotto integralmente nella sua misura: "Da quel muretto graffiato dal tempo / l'offesa era resa / spostata sull'eterno. // Volevo essere il protagonista senza pallone. // Tu, lì ad assistere / con la sola presenza della voce / scendevi in spiaggia, / mitigavi un confine. // Io ero il bambino / difeso da quella voce". Non c'è dubbio: Alessandro Puglia, con il suo "ombrellone" che capta pulviscoli, raggi solari e la pioggia del giorno, raccoglie una sfida: dimostrare che la poesia lirica c'è ancora nella riserva di immaginario, ma anche in una programmazione. Nato a Catania nel 1985, il giovanissimo interprete è alla ricerca di un aggancio che sembra aver già trovato. Questo anello di congiunzione è rappresentato, come si diceva in apertura, dalla confidenza con la tradizione italiana di tutto il secolo scorso. La coscienza del soggetto, di un io percettivo che si dilata nel tempo, nello spazio, in un luogo determinato e riannodato. Alessandro Puglia è atteso da ulteriori prove che dovranno confermare la tenuta dei suoi versi e questo patto con la tradizione che ha sposato sin dalle prime battute. Il suo mondo di appartenenza, tra luoghi e sensi, e soprattutto tra due terre (la Sicilia e le Marche) sembra essere anche il centro di un fuoco che lo guida, inconsapevolmente. La decisione di Puglia di affrancarsi all'insegnamento della migliore poesia italiana, è un dato che va in controtendenza con la scelta di molti suoi coetanei, che scelgono una dimensione eletta dentro il gergo linguistico. Lasciando così da parte la vocazione primigenia dello scrivere.