Egidio Zacheo, L'identità divisa

30-04-2013

Lo specchio rotto, di UbaldoVillani-Lubelli

 
La confusa e delicata fase storica che si è aperta con le recenti elezioni politiche e lo stallo istituzionale delle ultime settimane confermano le difficoltà dell’Italia di riconoscersi in un serie di valori comuni. La politica italiana vive ancora di veti e di presunte superiorità politiche e culturali. Non è un caso che l’Italia abbia sempre avuto difficoltà a identificarsi in un nucleo di principi o simboli condivisi. Dal 2 giugno al 25 aprile, dall’8 settembre al 17 marzo, numerose tradizionali ricorrenze nazionali non sono considerate tali da una parte più o meno vasta del Paese: siamo una Nazione che riesce a unirsi quasi esclusivamente davanti a una partita di calcio. Finché si vince, naturalmente.
Negli ultimi vent’anni il fenomeno del berlusconismo ha ulteriormente radicalizzato antiche divisioni che sembravano ormai sopite. Un intero Paese si è diviso troppo a lungo tra berlusconiani e anti-berlusconiani nella bizzarra convinzione che ci fosse una sorta di differenza antropologica.  Se dopo Tangentopoli, altro evento storico di grande lacerazione sociale e politica, c’erano grandi aspettative (puntualmente deluse) nella cosiddetta Seconda Repubblica, oggi il Paese vive una transizione dalla quale non si comprende bene non solo cosa sia l’Italia di oggi, ma cosa possa essere l’Italia di domani. La nascita del governo Letta non sembra sufficiente a poter finalmente pacificare, anche se contribuirà certamente a rasserenare il clima politico fin troppo rissoso degli ultimi anni.
L’identità italiana resta dunque un rebus inestricabile nel quale è difficile orientarsi. Ci prova con apprezzabile rigore e originalità Egidio Zacheo in L’identità divisa. L’Italia e il nostro debole spirito pubblico. Già l’incipit riassume il progetto intellettuale dell’autore: “La nostra identità nazionale è ancora debole” (pag. 7). L’analisi del professore di Scienze politiche all’Università del Salento, è una vera e propria archeologia storica tesa a individuare i motivi della mancanza di uno spirito pubblico. A poco più di 150 anni dall’unità, l’Italia resta ancora oggi un paese diviso: Nord contro Sud, società civile contro società politica, governanti contro governati, interesse particolare contro interesse collettivo. Questa divisione non sembra mai essere tanto attuale se pensiamo alle immagini in cui numerosi cittadini assediavano Montecitorio per l’elezione di un Presidente della Repubblica. Non si erano mai visto nulla del genere per l’elezione del Capo dello Stato. La rielezione di Napolitano, pur rappresentando una scelta di un indiscusso e insuperabile valore istituzionale, ha comunque rappresentato un’ulteriore piccola frattura tra cittadini e classe politica.
L’analisi di Zacheo, tuttavia, non è un commento dell’attualità politica, è una ricostruzione della vicenda storica, politica e culturale del nostro paese dall’Unità d’Italia fino all’Unione Europea passando dal ruolo del Meridione, del riformismo di sinistra, della Costituzione fino alla collocazione dell’Italia nel contesto europeo. Larga parte del libro, che raccoglie una serie di saggi precedentemente pubblicati tra il 2000 e il 2013, è dedicata all’Unità d’Italia: “Lo Stato italiano nasce come Stato elitario e per questo sentito estraneo dalla gran parte del popolo e da forze  politiche e movimento di massa” (pag. 11), scrive Zacheo. Ma nonostante questo “difetto” l’Unità d’Italia è stato un “fatto grandioso che ha permesso la crescita del Paese” (pag. 15). Zacheo prende anche le distanze da posizioni meridionaliste e neo-borboniche. Anche il Mezzogiorno ha fatto la sua parte, non ha subito l’Unità, “è stato parte attiva del processo unitario” (pag. 18). Il Sud ha contributo in termini di elaborazione culturale all’unità. Del resto la Questione Meridionale non nasce certo con l’Unità, semmai la domanda da porsi è capire perché il Sud sia rimasto arretrato rispetto al resto del Paese: “Occorre collegare la questione col residuato storico della nostra mancata tempestiva e moderna unificazione nazionale… Tutta la storia italiana è costellata di scompensi profondi.” (pag. 21)  Risulta particolarmente attuale l’analisi di Zacheo sul riformismo, proprio in una fase in cui il principale partito italiano di sinistra sembra vicino al disfacimento in virtù di un accordo con il Pdl, mal digerito da una parte consistente non solo della base ma anche di numerosi parlamentari.
Anche riguardo alla Costituzione Zacheo sottolinea come questa non abbia rappresentano un fattore di forte coesione nazionale. L’analisi dell’autore si sviluppa su due aspetti: le numerose riforme (parziali) della nostra carta fondamentale da una parte e i numerosi fallimenti di riforma istituzionale che ci sono state dagli anni 80 in poi. Negli ultimi anni la Costituzione è stata oggetto di riforme “di parte”: da quella del Titolo V del centro-sinistra nel 2001 e a quella più radicale del centro-destra nel 2005 poi bocciata dal referendum nel 2006. Tuttavia, dispiace che all’analisi dell’autore sfugga un aspetto fondamentale. La nostra Costituzione ha svolto egregiamente la sua funzione per oltre un cinquantennio, ma dalla metà degli anni 90 in poi ha gradualmente manifestato tutti i suoi limiti perché non più adatta ad un contesto nazionale e internazionale radicalmente mutato. Con il tempo è diventata più pressante la richiesta di elezione diretta del Presidente della Repubblica o del Premier, di riduzione drastica dei parlamentari, eliminazione del bicameralismo perfetto che rallenta eccessivamente il processo legislativo in un’era in cui anche in politica domina la velocità e l’immediatezza delle scelte. Per non parlare poi di Internet e di tutti gli strumenti e mezzi ad essa collegati che hanno cambiato radicalmente la nostra società e le modalità di partecipazione politica.
Infine, per comprendere l’Italia di oggi è necessario comprendere la nostra storia, ma è altrettanto importante comprendere il nostro ruolo in Europa e nel Mediterraneo. “L’Italia è sempre stata europeista” (pag. 109), scrive Zacheo che continua poi in un accurato percorso alla ricerca delle radici storiche del nostro europeismo. Ma l’Italia non è solo Unione Europea, è anche Mediterraneo. In questo senso non si può che condividere la tesi secondo la quale l’Europa ha “un’identità larga, non geografia… è un’identità culturale” (pag. 124). In questo senso Zacheo cita il caso della Turchia che a suo avviso dovrebbe entrare nell’Unione Europea. Tesi condivisibile, nella misura in cui la Turchia offrirà garanzie sul rispetto dei diritti civili. Se è vero che l’Europa è un’identità culturale che comprende radici greche, islamiche, giudaiche, cristiane che vedono come luogo di incontro il Mediterraneo è pur vero che le Istituzioni Europee e soprattutto gli Stati che compongono l’Europa, nei loro fondamentali democratici, sono in gran parte figli della cultura illuministica e dei diritti al tempo acquisiti e successivamente rafforzati.