Giacomo Scotti, Dossier foibe

29-11-2005

La verita delle foibe va ristabilita: è un dovere storico e di civiltà, di Barbara Cupertino


Giacomo Scotti è un napoletano oramai da sessant’anni trapiantato a Fiume. Della sua merdionalità ha conservato il calore della comunicazione e dei fiumani ha preso la mestizia di confine. Così si presenta sul filo di una zenoniana senilità a parlare del suo Dossier foibe pubblicato da Manni e presentato alla Fiera del Libro di Campi Salentina.
A Fiume ci è andato da ragazzo. Durante la guerra dell’ex Jugoslavia è stato coordinatore di quaranta associazioni italiane umanitarie ed è stato inviato speciale de “il Manifesto”. Ha pubblicato oltre 120 opere in lingua croata, serba e italiana: opere di poesia, narrativa, favolistica, saggistica letteraria e storica. Invece, questo libro sulle Foibe si può considerare un atto dovuto, dovuto a chi non c’è più e a chi c’è ancora e deve sapere la verità.
“Con questo libro –scrive Scotti– vogliamo fornire nuovi strumenti documentari per interpretare gli eventi istriani del settembre-ottobre 1943, il periodo intercorrente fra la capitolazione dell’Italia nella seconda guerra mondiale e l’occupazione tedesca dell’Istria.
In effetti, nella marea di pubblicazioni più o meno veritiere, nasce l’esigenza di andare in profondità, di cercare dati esatti e soprattutto cifre esatte poiché “ho notato –dice Scotti– che si cominciavano ad inventare cifre assurde su questa scia e stuzzicato dal fatto che la Giornata del Ricordo dello scorso 10 febbraio viene strumentalizzata e ad ogni comizio politico certe forze politiche ne parlano per prendere voti tra gli esuli, ho cominciato questo lavoro. Ho notato insomma che si parlava a vanvera, che s’inventavano cifre assurde. Io sono vicepresidente dell’Unione Italiana che raccoglie in 50 comunità tutti gli italiani rimasti e quindi ho voluto dare la verità con i documenti alla mano.
Allora io ho preso semplicemente i documenti fascisti dell’epoca. Quando c’era una federazione del fascio repubblicano dell’Istria o un comando tedesco che occupava l’Istria, avevano i loro giornali e quindi bastava sfogliare le pagine de “Il corriere istriano” o de “Il piccolo” e le cifre erano lì”.
E quelle cifre secondo Giacomo Scotti portano a questa verità: l’eccidio delle foibe è di 5000 civili e un totale di circa 12000 infoibati. “Ma –precisa Scotti– per me è grave anche la morte di un solo uomo. Invece la verità storica è un’altra cosa. E quella va ristabilita”.
Dunque lei sostiene che si sta manipolando la storia?
La giornata del ricordo è sta monopolizzata da un solo partito che è AN il quale ha cercato di ridare una verginità a quelli che invece avevano tradito l’Italia vendendo territori italiani ai tedeschi, la provincia di Fiume, la provincia dell’Istria, la Venezia Giulia, la provincia di Gorizia, quella di Bolzano e quella di Trento: 6 province annesse al Terzo Reich. Allora costoro che hanno servito i tedeschi, prestando giuramento a Hitler, si presentano ai comizi dicendo che hanno combattuto per l’Italia, per la libertà italiana contro i barbari slavi. Io mi rifiuto di restare in silenzio.
Crede che il suo sia un libro “scomodo”?
“È un libro scomodo, sia per la parte oggi croata e Slovena, perché comunque parla delle foibe, dice che ci sono state, e sia per molti italiani, post-fascisti o neo-fascisti che dir si voglia. Oggi si è bravi a parlare di terre italiane perdute, però la guerra chi l’ha fatta? Mussolini. Chi l’ha perduta? Mussolini. Loro sono i suoi eredi. Le nuove generazioni non possono essere private della verità, tanto più che ci apprestiamo ad entrare tutti nell’Unione Europea e non vi possiamo portare questi odii”.
Dunque una grossa responsabilità da parte degli italiani.
“Non si può percorrere la strada del ricordo solo sulle foibe omettendo i vent’anni di fascismo che hanno oppresso gli slavi di queste regioni annesse all’Italia. Purtroppo l’Italia si è presentata col volto manganellatore del fascismo e non col volto del liberalismo di Sonnino, di Nitti o di Orlando, quindi anche l’insurrezione del 9 settembre 1943, che poi è durata fino alla fine del mese, è stata uno sfogo, certo atroce, di queste popolazioni oppresse per 20 anni”.
Lei che ha varcato questi ultimi settant’anni, cosa pensa dei giorni nostri?
“Purtroppo il mondo si sta barbarizzando. Una volta c’era equilibrio, oggi è rimasta un’unica potenza la quale si prende il diritto di dire questo o quest’altro, di poter occupare uno stato con menzogne e questo porta alla distruzione di certe norme di convivenza internazionale che sono state stabilite dall’Onu e c’è il rischio di tornare alla barbarie. Poi in nome di una finta civiltà, con il pretesto di voler portare la democrazia, nell’Iran o nell’Iraq, si usano le bombe al fosforo, abbiamo il caso Guantanamo dove in tre anni non c’è stata nessuna condanna. Questi non sono esempi di civiltà e senza essere antiamericano, dico che tutta l’Europa non può abdicare a questa cultura del più forte economicamente o militarmente”.
Che futuro ci stiamo costruendo?
“Poiché queste evidenti ingiustizie creano rancore, creano frustrazione, noi stiamo preparando un domani che può scoppiarci tra le mani. Quello che sta succedendo nelle periferie di Parigi potrebbe succedere non nelle periferie, ma nelle città italiane. Bisognerebbe imboccare una politica di fratellanza perché qui si può costruire il vero essere europei. Ci vuole anche un po’ di orgoglio nazionale. Io ho vissuto tutta la mia vita quasi fuori dall’Italia e per questo credo di amarla di più, la guardo da lontano. Ho sempre difeso l’Italia all’estero da chi ne parlava male, ma oggi come faccio? I nostri passaporti erano Dante, Petrarca, Michelangelo. Oggi abbiamo qualcuno che ti fa cascare dalla vergogna…”.