Giuseppe Cassieri, La strada di ritorno

02-04-2005

Il professore e la cantante sull'isoletta della morte, di Luca Canali


Giuseppe Cassieri ci dona questo suo libro, appena uscito (La strada di ritorno, Manni editori, pagg. 150, euro 13): una narrazione di straordinaria energia morale e di una potenza evocativa di atmosfere drammatiche che è difficile trovare nella narrativa contemporanea fatta di testi gialli e/o noir, o comunque di «effetti speciali» che agguantino brutalmente il lettore. Nulla di ciò in Cassieri, anche se queste pagine sono provviste d’una forza d’urto -sul nodo più sensibile dell’esistenza, il rapporto tra la vita e la morte- che nessun thriller di successo riesce a raggiungere.
Libro di battaglia, che impegna totalmente il lettore su questioni che non possono non riguardarlo e coinvolgerlo (tutti siamo nati e tutti dobbiamo prima o poi morire), ma anche narrazione avvincente, mai con derive patetiche, secca, rapida, a volte sottilmente ironica, quasi sempre fortemente inventiva ma trasparente, perspicua in massimo grado, ciò che del resto era apparso anche nelle opere precedenti di questo autore.
La vicenda, diciamo meglio la trama, è molto semplice: un professore universitario ancora non anziano, anche se non più giovane, espone con il suo stile, che è lo stile inconfondibile di Cassieri, la sua esperienza esistenziale dall’infanzia e adolescenza fino alla sconfitta nei confronti del «male oscuro», e alla propria decisione di offrirsi, per disperazione, all’unica consolazione a lui possibile, cioè alle cure di Free exit, una perfetta organizzazione che, sotto la direzione del prof B. in un’isoletta di fronte alla costa atlantica, pratica l’eutanasia dopo un estremo tentativo di recupero del paziente che vuole «uscire dalla vita». In tale contesto campeggia il rapporto d’amore, intensissimo e d’una spiritualità assoluta, anche se nient’affatto platonico, con una cantante argentina, Nadia Ruiz -che entusiasma le platee del mondo intero con la sua voce che alcuni paragonano a quella della grandissima Maria Callas-, conosciuta a Salisburgo nella superba interpretazione della Creazione di Haydn.
Ma Nadia sarà assalita dalla «sparviera», una grave e inarrestabile malattia delle corde vocali che spezzerà la sua carriera, spingendola alla disperazione e poi, in un sussulto estremo dell’«intelligenza del cuore» ad un congedo da tutti e, come le ultime pagine del libro rivelano, ad un’immersione totale nelle «opere», sull’esempio di Madre Teresa di Calcutta, che aveva detto e scritto: «La vita è un gioco, giocalo; la vita è un’avventura, rischiala». E il messaggio che il protagonista riceve dalla donna, che è stata il grande amore della sua vita, in una situazione e drammatica e risolutiva, suona così: «È venuto meno il dono più prezioso della mia vita/ma non ho rinunciato a vivere./C’è molto da operare./Anche tu, volendo, puoi».
Troppo lungo sarebbe, e forse fuori luogo, parlare al lettore dell’incontro con un medico che gli insegna la convivenza con la propria malattia pur nell’impegno ostinato e minuzioso nel praticare le terapie atte a debellarla, e con un cardiologo con cui c’è un violento scontro dialettico sul tema scottante dell’eutanasia. Ciò che soprattutto impara il protagonista dalla propria lunga e dolorosa esperienza, è l’adeguamento non passivo e salvifico al senso comune, cioè, in primo luogo, alla necessità di far bene e scrupolosamente il proprio lavoro senza mai disprezzo per gli altri, con la loro eventuale semplicità o addirittura rozzezza.
È accettabile questa «soluzione» suggerita da Cassieri? Non saprei con certezza. Ma penso di sì. Comunque il giudizio spetta ora ai lettori di questo libro davvero inconsueto nella sua struggente intensità umana e letteraria.