Gladis Alicia Pereyra, I panni del saracino

04-09-2015

Un così lontano così vicino Medioevo, di José de Arcangelo

“I panni del Saracino” di Gladis Alicia Pereyra è un coinvolgente romanzo che diventa il ritratto di un giovane costretto a fare scelte estreme - Nerino dei Buondelmonti -, sostenuto e arricchito - come già il precedente “Il cammino e il pellegrino” - da un’accuratissima ricostruzione storica, ricca di particolari veritieri, frutto di una consueta, lunga, ricerca. Un’ottima cornice per una storia che racconta personaggi immaginari ma verosimili, e racchiude in sé fatti e sentimenti, spietate battaglie navali e apocalittiche distruzioni, rapimenti e schiavitù, odio e amore, amicizia e vendetta, il tutto ambientato proprio in un Mediterraneo da sempre infuocato dalle lotte di potere ad ogni costo e con ogni mezzo. Un libro che è anche molto altro e inizia il 18 maggio 1291, quando San Giovanni d’Acri, ultimo caposaldo cristiano in Palestina, cade in mano del Sultano d’Egitto. E’ lì che inizia la tragica vicenda di Nerino, francescano costretto a vestire i panni del Saracino per sopravvivere al massacro, poi a diventare pirata e, infine, corsaro al servizio di Genova. Non è, come potrebbe sembrare da una superficiale lettura, una semplice avventura storica romanzata a dovere né tantomeno un lungo racconto esotico, ma soprattutto il ritratto psicologico di un uomo, in quanto essere umano, travolto da un destino crudele e, in filigrana, una riflessione su lealtà e bellezza, desideri inconfessati e sentimenti segreti, amicizie tradite e passioni represse, abuso di potere e crudeltà inaudita, fede e rivincita, lotta e redenzione.
Quindi, una riflessione sull’uomo i cui sentimenti e passioni, vizi e virtù non sono poi tanto evoluti attraverso i secoli, anzi. E l’amore resta l’unica, forse, ancora di salvezza. Infatti, il romanzo ambientato nel lontano Medioevo – e in gran parte a bordo di una galea -, si rivela sorprendentemente attuale. Un libro, apparentemente, meno ‘impegnativo’ del precedente e più accessibile al lettore medio, anche quando il linguaggio è sempre quello alto e adatto alla storia, né italiano contemporaneo – che oggi ormai sta a significare povero e contaminato – né medioevale, volgare, ma una bella prosa che ricrea le atmosfere e i rapporti umani dell’epoca, quando le ‘lingue’ erano ancora in piena evoluzione. Inoltre, offre la possibilità di svariate riletture, quindi, ogni lettore troverà quella più adatta a sé e al proprio immaginario. Il romanzo di Pereyra cattura chi legge fin dalle prime pagine, mai prevedibile, di quelli che si vorrebbe leggere tutto di un fiato perché ricco di avvenimenti e di personaggi realistici, tutti in bilico – come ogni essere umano – tra bene e male, fragilità e durezza. E che, narrando una metamorfosi, diventa travolgente perché le descrizioni con lusso di particolari ci offrono una ‘visione’ dettagliata, persino cinematografica, di ambienti e situazioni, mentre sentimenti ed emozioni non mancano, anzi conquistano perché proprio vicini a ognuno di noi.