Maria Rosa Panté, Noi che non fummo Muse

03-12-2006

Muse mancate di un soffio dietro l'ombra lunga di uomini con grandi nomi, di Angelo Mundula

Maria Rosa Panté, poeta, saggista e prosatrice pubblica da Manni (Lecce) dieci racconti unificati fin dal titolo: Noi che non fummo Muse, che ne rivela subito il filo conduttore. Si tratta, infatti, di dieci donne che si sono trovate a vivere una vita, per dir così, riflessa, accanto a grandi nomi (attento proto: nomi, non uomini, che forse "grandi" non furono mai, sebbene fossero poeti, musicisti, filosofi o scienziati di grandissima fama) che spesso ne hanno ignorato la presenza se non proprio l'esistenza, relegandole a un ruolo subalterno, comunque secondario, di mere vestali della Musa o delle Muse. Maria Rosa Panté, con una fine capacità inventiva, ne riscopre invece il ruolo nient'affatto
secondario che esse hanno avuto - sia pure, all'ombra dei loro grandi e che, per ironia della Sorte {ma anche dell'autrice che lo riscopre), è rimasto, appunto, nell'ombra per la solita ingiustizia della Storia o sarà meglio dire delle storie. Riemergono così, come dall’ ombra, le figure di Santippe, divenuta quasi per antonomasia l'immagine stessa della moglie «dura. arrogante e testarda» e qui invece riconquistata alla stima e forse anche all'amore del "suo” Socrate e comunque a una sua forte dignità di sposa e di madre; di Gemma Donati, moglie di Dante (anzi, anagraficamente, Durante) che le preferiva, anche pubblicamente, Beatrice, a cui del resto è consacrato il poema immortale; e, ancora, una donna che amò Petrarca, il quale però non aveva occhi che «per la bionda e altera Laura»; della Gioconda di Leonardo che finisce per morire ed essere cancellata sotto il peso delle «troppe imitazioni»; Marina Gamba e Galilei, a cui importavano quasi soltanto «il sapere. il cielo, la vera conoscenza» e che. insomma, non ha occhi, neppur lui, se non per il cielo, non per la sua Marina, diventata soltanto e da subito la sua concubina;
Adriana Basile e Monteverdi: un rapporto tormentato e tutto giocato, per dir così, tra eros e melos, così come quello tra Maria Barbara e Bach. Infine, il triste ruolo di due mogli -rispettivamente di Foscolo e di Pirandello, visto con gli occhi delle rispettive figlie Il tutto raccontato quasi sempre con una sottile vena erotica e ironica. E, dietro ogni racconto, l'autrice sembra sempre ammiccare divertita e forse anche un poco compiaciuta come di qualcosa che, nel tempo, ha trovato una riparazione. Postuma, ma non per questo meno degna di essere affidata al giudizio del lettore.