Mario Rondi, Amori precari

01-05-2009
La coppia come contrapposizione, di Liana De Luca

Gli amori del titolo sono “precari”, nel senso di effimeri, cioè di breve durata, ma meglio fallaci, cioè fugaci, illusori, ingannevoli. C’è qualche eco dei drammi di Harold Pinter nella solitudine dell’individuo che viene paradossalmente potenziata dal compagno, del quale si sente il bisogno ma si percepisce il pericolo. Il volume è composto da quattordici racconti condotti come monologhi: tredici da un uomo e uno solo da una donna. I personaggi narrano la loro personale vicenda esaltata da una personalità al limite della norma, in una atmosfera rarefatta e surreale. Sopraffatti dallo sconforto, appagati nella depressione, cercano di aggrapparsi all’esistenza, ma la interpretano in chiave del loro parossismo, intendendo il comportamento del partner come una provocazione alla quale non possono e non vogliono sottrarsi. E quando, giunti ormai all’estremo della tensione, riescono a trovare le forze per ribellarsi, lo fanno nel modo più imponderabile, mettendo in atto atroci “vendette” con la mediazione della morte, il più delle volte solo immaginata nella fantasia e qualche volta attuata nella realtà. Ma ci sono situazioni in cui la liberazione avviene attraverso una inaspettata fragorosa risata, che mette fine alla “sceneggiata” e prende di sorpresa il lettore.

Come bene interpreta Sandro Gros-Pietro nella prefazione, “questi racconti sono un chiaro esempio di letteratura fatta con le cose e non con le parole: letteratura costruita con le immagini del mondo, ma proiettate nei labirinti della psiche”.
La narrazione si vale dei moduli del giallo, del noir, del grottesco e perfino del romantico, a volte mescolando gli elementi. E sempre imprevedibile è la soluzione. L’archisema comune a tutti i racconti è il rapporto di coppia, visto come contrapposizione, lotta anche senza quartiere, dove l’uomo sedotto e poi vilipeso, è calpestato, ignorato, tradito, sbeffeggiato. E la donna, che prima lo ha adescato a cominciare dall’ammiccare degli occhi, dall’ancheggiare dei fianchi, dallo spacco laterale della gonna, approfitta del suo potere per deriderlo e ingannarlo. L’uomo finisce spesso per trovare giusto l’atteggiamento di lei e per sentirsi in colpa quasi fosse stato lui a provocarlo. Almeno fino alla catarsi finale.
La conflittualità si manifesta anche nella violenza degli incontri sessuali, nei quali “schiaffi e pugni” non mancano, e “graffi e morsi” sulla schiena e sul collo, “stringimenti eccessivi e grida esagitate”, “pizzicamenti sulle natiche” “selvagge percussioni sulle cosce”. Insomma tutto l’apparato, ma quello più elementare, del sado-maso, del cui esercizio sembrano entrambi essere soddisfatti. La lezione freudiana è presente nell’interesse ai piedi, simbolo fallico del desiderio sessuale, e nell’attenzione feticista alle scarpe, che hanno spesso “alti tacchi a spillo”. Altro topos ricorrente è quello della cravatta, a volte ignorata come affermazione di autonomia, a volte usata per innestarsi nel contesto sociale. Ma ci sono racconti la cui trama è più delicata, come La musica nel cuore, che però si conclude tragicamente, in cui l’autore pone in parallelo il valore artistico della musica e quello della scrittura, probabilmente assecondando le personali inclinazioni. E, attingendo al proprio bagaglio di esperienze botaniche e ortofrutticole, delle quali ottime prove sta dando da tempo in poesia, introduce paesaggi e momenti della natura, nella cui visione cerca conforto l’animo inquieto di qualche personaggio.
Sempre magistralmente perseguita è l’analisi della tensione dei personaggi, specie maschili, condotta in ampi brani, mentre più limitati sono gli spazi deputati alle schermaglie amorose. Ma se l’impostazione psicologica sorregge le trame, pure si intravede, al di là dell’impegno stilistico, il sorriso ironico dell’autore. E allora, “precario” sta per insicuro, non sicuro, non vero, non reale, incluso nella sfera del surreale e dell’onirico.