Nicola De Donno, La mia parabola

01-04-2005

La parabola di De Donno, di Ignazio Minerva


La conversione al dialetto di Nicola G. De Donno (Maglie, 1920-2004) risale agli anni Cinquanta. Fino al 1945 il poeta salentino aveva scritto esclusivamente liriche in italiano, quasi tutte disperse: se ne salvano sette recuperate casualmente nella corrispondenza con un amico. Fino al 1998, invece, sono 1576 i componimenti noti: sorridendo De Donno amava paragonare la propria vicenda poetica con quella del Belli, un confronto che va ben oltre l'aspetto meramente quantitativo. Manni ha pubblicato una selezione di suoi sonetti nel volume La mia parabola: un quadro illuminante sulla produzione di uno dei più importanti poeti dialettali del Novecento. De Donno, annota Donato Valli nel saggio che apre la raccolta, arriva al dialetto d'istinto, ma lo irrobustisce con una coscienza critica di alto livello che gli proviene da lunga preparazione letteraria e da rigorsa meditazione filosofica: il suo dialetto è solo formalmente popolare, ma è intellettualistico per struttura, espressione e concetti. Inscindibile è il nesso lingua-dialetto, il legame tra ragione e sentimento. Per il poeta "stu dialettu", "sta parola majesa sicca e ricca /  ca prute e cchiange, ca caranfa e llicca / e ssula sulla carta se trabbocca, / ete puru però pisu ca stocca, / catina de bbarcune ca ne ttacca, / mente e ccarne." ("Questa parola magliese secca e ricca, che prude e piange, che graffia e lecca e spontanea si trasfonde sulla carta, però è anche peso che spezza le ossa, catena di barcone che ci lega, mente e carne"). Solo la poesia, spiega Valli, si contrappone al nulla, alla "gnentità" e crea uno spiraglio per la consolazione. Come nella metafora dell'aquilone. "Cchiù ffilu li mmullane a lluntananza / e cchiù ffacìa pisara lu cuttone / e lla tirava a bbasciu, tuttu panza. / Lu bbene cu llu male se cumpone / cusine, e ffannu vita, e lla speranza / li dave spacu a lla disperazione": "Più filo gli mollavamo perché andasse lontano e più si faceva teso il cotone e lo tirava in basso, tutto pancia. Il bene col male si combinano così, e fanno vita, e la speranza dà spago alla disperazione."