Nicola Vacca, Incursioni nell'apparenza

20-09-2006
Una poesia pensiero, di Gianfranco Fabbri
 
Il nuovo libro di Nicola Vacca, Incursioni nell’apparenza, rappresenta un ulteriore giro di vite dell’autore, sotto il profilo etico-morale. Egli riconverte e ri-produce un’alta cifra pessimistica, addebitabile all’uomo e ai suoi infelici rapporti con la Natura . Come già detto in altre occasioni, Nicola realizza qui una poesia-pensiero, ricca di definizioni che hanno tutta l’aria di apparentarsi con un colore vicino a quello dell’Assoluto. Nel declamare questa sorta di decalogo, il poeta si affida ad una procedura protocollare, dal vago e affascinante sapore “fiscale”, il quale prevede l’uso di un verso medio-lungo, nonché la fitta ripetizione di medesimi termini. Già dalle prime pagine il lettore avrà modo d’inciampare nei sostantivi “deserto”, “cuore”, “anima” e “pensiero”. Insieme, questi vocaboli, formano una specie di “coro a cappella” che bene riesce a far sprofondare il lettore in una landa priva di preoccupazioni stilistico-estetizzanti e ricca di poesia “impura”. Siamo di fronte a una vox clamantis che scandisce le proprie verità sillabiche di grande somiglianza fonica con le riflessioni prodotte. Esemplare, a titolo di scampolo, appare il testo di pagina 22, dove le desinenze –ent,-enz,-emp costruiscono una diversa tonalità pentagrammatica. Il libro è diviso in più parti, tutte provviste di titoli suggestivi; la seconda sezione è battezzata “Metafisica della ferita” e porta in calce un frammento di Pessoa che bene si allinea con la linea programmatica di Vacca : “Da quando esiste l’intelligenza ogni forma di vita è impossibile”. Il Nostro prende a prestito questa bella riflessione e la fa sua per manifestare il pessimismo espanso in tutto il volume: pessimismo che si discosta un po’ da quello leopardiano per la scelta dell’origine (l’Uomo, non tanto la Natura). Come già accennato, Vacca non si trastulla nello stile Balocchi & Profumi (per dirla in soldoni); troppo urgente è l’esigenza di arrivare ad una sorta di catalogazione del Bene e del Male per soffermarsi sulle laccature inutili. L’antipoesia, sempre azzeccata, si scorge in modo evidente a pagina 28, laddove Nicola lancia il seguente verso-definizione: “Il terrore è qualcosa di tragicamente conosciuto”. Un’altra peculiarità di questa raccolta poetica è il poter fare apparire gli oggetti come depositari di una sensibilità rettile. Il tempo, che lento e sinuoso lede la funzione delle cose, provoca una lesione poco suscettibile di guarigione. Il tempo è malato e vive il dramma dell’uomo fallibile; la Natura, sebbene in modo non primario, “sente” la difformità dell’equilibrio. La ferita temporale si fa lesione “cardiaca”, si rende fibrillazione dissonante ed investe sia il lettore sia l’autore. (“Infarto del tempo”). Per una tale ragione il poeta sente gli “abbellimenti del segno” affatto superflui: “L’attimo è immenso quando / vivi profondamente la sua contemplazione” (p.33). L’impressione che si può trarre da questo libro è quella che riporta al livello umano-centrico. L’uomo è ricondotto sul proscenio in maniera esagerata, sia pure in senso “negativo”. Numerose sono le folgorazioni di lucido intelletto: a pag. 35 si può leggere: “L’inquietudine è un libro aperto”; più giù, nella medesima poesia, si evidenzia il seguente passaggio: “Il corpo si perde / Nelle mille tentazioni di una irragionevole quotidianità”. Procedendo si pongono a fuoco le seguenti avvertenze: “I gesti corrompono / La dinamica del tempo./ L’oscuro corpo della vicenda / Rivela l’esile trama, l’idea del tempo / Si lacera nell’inevitabile conseguenza di ciò che accadrà”. Così, da una sezione all’altra ( “Il male chiaro”, “La spada di Dio” e “Sosta d’allerta” ), Vacca percorre una sinusoide, lungo la quale afferma e ri-afferma quanto già detto in precedenza: “Dai pensieri assorto / Mi lascio sorprendere; / In meditazione rimangono / A fissare un punto qualsiasi del vuoto / Che mi somiglia sempre di più” (pag.41) ; “L’uomo è l’arma letale di se stesso” (pag.43) ; “Nelle radici dell’albero / Che diede forma alla vita / Avere addosso / La paura di trovarlo.” (pag.52).
Rimane da sapere come si concluderà questa scelta tematica e quale sarà l’esito dell’uomo moderno: se questi dovrà fallire entro la probabile negazione o se risorgerà dalle rovine di una battaglia insensata.