Raffaele Nigro, Maschere serene e disperate

04-11-2008

Le maschere che mettiamo ai nostri sentimenti, di Patrizia Danzè

Forse perché la nostra mente ha bisogno di mettere ordine nel disordine che pure le è proprio, capita, nella maturità, di interrogarsi sul tempo trascorso. Una riflessione che, da sempre, comporta dolore, e il dolore, si sa, è quanto di più nostro e di più estraneo ci sia. Se ne sta acquattato dentro e vorremmo scacciarlo, ne sentiamo gli spilli sulle nostre carni e vorremmo liberarcene. Insomma, un corpo estraneo col quale, tuttavia, bisogna fare i conti, benché tanti e diversi possano essere i motivi del dolore. Quello sul tempo che trascorre inesorabile cambiandoci e ingannandoci è uno dei più temibili, uno di quei dolori che vorremmo allontanare, sentendo assurda e ingiusta la sproporzione tra quel che siamo nella maturità – saggi o disillusi non importa – con la valigia comunque carica di esperienze, anche se lo specchio rimanda crudele altri noi stessi, e il tempo esiguo che ci resta da vivere da quell’età in poi. «Il tempo prima lo trattavo come acqua del rubinetto. Adesso lo tratto come fosse vino. Penso che più in là imparerò a centellinarlo come olio» dice Raffaele Nigro in un libretto di ricordi e di memorie di “chiacchiera” (un termine che piace molto allo scrittore).
Maschere serene e disperate con cinque prose autobiografiche sull’infanzia e la giovinezza, sugli affetti e le emozioni, la famiglia e gli amici, mette in tavola le carte della vita, un po’ rimescolandole, un po’ cercando di mettervi ordine. Nigro è uno scrittore agrodolce che parla di angeli ed arcangeli come di demoni e di briganti […]. Ma nella sua ricca e varia produzione letteraria che comprende opere teatrali, racconti, favole, romanzi, Nigro fa vivere personaggi con “maschere serene e disperate”, forse perché, come dice Nietzsche, tutto ciò che è profondo ama la maschera e forse anche perché nel sortilegio (meglio, nell’incantesimo) della vita ci sono eventi, azioni e pensieri tanto magnanimi quanto orribili, tanto dolorosi quanto incredibili, e l’unico modo per parlarne è mettervi una maschera.
Solo così storie in cui le tradizioni si scontrano con la modernità, i signori con i braccianti, i ricchi con i poveri, i fantasmi con i vivi, i potenti con i poveri cristi, possono stare le une accanto alle altre. Ci vorrebbero degli angeli, anzi degli arcangeli (Raffaele, Gabriele o Michele sono quelli che accompagnano Nigro da quando è nato) per fare un po’ di giustizia, ma poi, forse, in questo mondo in frantumi, gli arcangeli batterebbero in ritirata o diventerebbero anche loro signori benestanti che avrebbero altro da fare che pensare ai poveracci.