Roberto Bertoni, Altrove

15-08-2014

Fra reale e surreale, di Claudio Davini

Nel desolato panorama della letteratura italiana d’inizio millennio, Altrove – una raccolta di racconti dello scrittore e giornalista Roberto Bertoni, Manni Editore – si configura in primis come l’apprezzabile tentativo di conferire dignità alla forma narrativa breve.
Il libro, diviso in quattro sezioni – Memorie di Orlando Pèlerin, Storie di Parlomino, Ritratti, Nomadismo – dimostra uno stile sobrio ed elegante, prerogativa questa che pare assente in autori ben più blasonati di Bertoni; si pensi per esempio all’assenza di letterarietà di un’opera quale Il momento è delicato di Niccolò Ammaniti.
Nella prima partizione del volume, l’autore delinea i tratti del Pèlerin: un cinquantottenne che ha ormai rinunciato alla stesura delle sue memorie; “narrerò soltanto quattro momenti della mia biografia” – egli afferma. Così lo si trova immerso dapprima in una giungla di salgariana memoria e soltanto poi a far da precettore al figlioletto dei Cunningham in un’Irlanda che già vive il malcontento della dominazione inglese. Ma una passione simile a quella dell’Ortis per Teresa divora il Pèlerin nel suo soggiorno all’estero: non ha mai dimenticato il bacio di Francesca…
Se le Memorie di Orlando Pèlerin ritraggono un mondo a cavallo fra ‘800 e ‘900, le Storie di Parlomino sembrano, al contrario, essere ambientate nel presente. Il Professor Obs viene invitato a tenere una conferenza sulle origini della famiglia nella misteriosa università di Parlomino: soltanto in seguito si scoprirà quanto possa esser labile il confine tra realtà ed illusione. Una sezione, questa, dall’apprezzabile retrogusto filosofico, senza il quale la storia non avrebbe il medesimo impatto sul lettore. Si affrontano la tematica dell’invisibilità, “ci sono quelli che sono diventati tutti invisibili” –  evidenti appaiono in questo senso i rimandi a Il cavaliere inesistente di Calvino – e la tematica del Nulla, “già nel 387 a.C. il Venerabile Markàr aveva predetto l’avvento dell’Oblio”. Avvento dell’Oblio che assurge a metafora di quel Vuoto (consistente anche nella perdita della memoria) che già Montale aveva intravisto e cui pare avviarsi incontro la nostra società.
La terza parte dell’opera – Ritratti – non brilla quanto la seconda, ma tuttavia costituisce un interessante spaccato dell’animo umano nelle sue diverse sfaccettature: quella dell’Innominato e della sua giardiniera, stufa di prender da lui la zappa sui piedi; quella di Germaine, gelosa di un marito che non l’ama più; quella di Cate e dell’amante senza nome che ora rifiuta.
Nomadismo – ultima sezione di Altrove – si apre con un racconto intitolato Confine, il cui incipit potrebbe consistere di per sé in un brillante avvio di romanzo. I protagonisti di queste ultime pagine sono in viaggio (eloquenti a questo proposito i paragrafi Oltre e Sentieri): alcuni fra due mondi, altri fra l’Italia e la Cambogia; alcuni si trovano all’aeroporto di Malpensa, altri arrivano invece dal pianeta Parki sulla Terra.
Le storie di Altrove si muovono di continuo fra il reale e il surreale, fra la dilatazione del tempo e l’estensione dello spazio, e – aspetto forse più importante – riescono a delineare le fattezze di diversi tipi umani, soggiogati talora dalla fragilità talora dal dubbio. Ma se è vero che “nulla di sé e del mondo sa la generalità degli uomini, se la letteratura non glielo apprende” – come scriveva Sciascia – non farebbe certo male interessarsi a quest’opera di Bertoni.