Walter Pedullà, E lasciatemi divertire!

12-05-2007
Walter Pedullà, Palazzeschi è un largo raggio, di Enzo Di Mauro
 
Che la critica militante sia infine un corpo a corpo, mediante i testi, con il presente tutto, avarie e malintesi e idoli inclusi, è cosa che un maestro come Walter Pedullà ci ha insegnato da sempre, si vuol dire dai tempi della sua intensa collaborazione a “L’Avanti!”, appunto epoca di scoperte e massacri per l’allievo prediletto di Giacomo Debenedetti che accompagnava e postillava, da una vicinanza indomita e però non ortodossa o piegata, opere e giorni della neoavanguardia oltre e insieme registrando e sostenendo puntigliosamente, di volta in volta, le esperienze e gli esiti che meglio significavano e raccoglievano l’eredità più avventurosa, per ciò che attiene le forme, del Novecento. Pedullà, dove e come può, nei libri e negli articoli, questo fa ancora con immutata passione e col medesimo piglio dei suoi anni giovani. Con in più, è ovvio, una serie di valori aggiunti. Ora, e da tempo, il saggismo di Pedullà procede per accerchiamenti, insistenze, virate, e certo lo studioso si è via via trasformato anche in testimone, in memorialista, in uno scrittore che non dimentica mai la sua primogenitura di critico schierato da una parte sola della barricata delle idee. Allora sarà il caso di leggere – proprio in queste ore, anzi in questi minuti, mentre un paio di giornalisti di costume e non di critici scostumati, prima di dimenticarsene e passare ad altro come nulla fosse (e nulla, in effetti, fu), offrono un filo di fiato al sentimento muscolare e mascellare, ancorché postmoderno, dell’agonismo fine a se stesso, ossia a quel gesto atletico che consente, saltato il cerchio di fuoco, di atterrare direttamente in vetrina – l’ultima raccolta di saggi di Pedullà. E lasciatemi divertire! ovvero (ecco il sottotitolo) Divagazioni su Palazzeschi e altra attualità, si presenta come un’opera composita, sfaccettata, d’orizzonte ampio, in cui quello dello scrittore toscano diventa a ogni effetto un codice di interpretazione a largo raggio che consente al critico e al suo lettore di attraversare tante scritture (e le più riducibili e/o inclassificabili) del secolo nostro, ma poi e inoltre di circumnavigare il presente, appunto l’attualità politica e culturale. Palazzeschi il sovversivo, dunque, è la divinità riottosa e screanzata del libro. Nelle pagine di Pedullà profonde e leggere, viaggiano tra gli altri Campanile e Zavattini, Gadda e Arbasino, Calvino e Malerba, Manganelli e D’Arrigo, Pagliarani e Michele Mari. Ma passano, nella seconda parte, quella dei «lazzi, frizzi, schizzi, girigogoli, ghiribizzi in merito alla condizione degli italiani e degli umani», il cinismo e la finanza accattona, il Nord e il Sud, la televisione e il lavoro che manca, la scuola e i premi letterari, il socialismo di Zapatero e la ’ndrangheta. Non a caso il titolo complessivo di questa sezione del libro si chiama «L’attualità del ‘Controdolore’», come a dire Palazzeschi come arma conoscitiva, ma pure come autodifesa e consolazione.