“La Gazzetta del Mezzogiorno” - 29/05/2009
Dove batte la lingua delle minoranze, di Alberto Sobrero
A Calimera e a Martignano, cioè nel cuore della Grecìa salentina, si svolge oggi e domani un convegno sulle minoranze linguistiche. Niente di strano, dirà il lettore: si parla di «grico». Sì, ma non solo. Il tema è di respiro molto più ampio: il titolo recita Una proiezione europea per le minoranze linguistiche italiane. Non di qualche piccolo paese si parla, dunque, ma della «maggioranza di minoranze» di cui è costellata l’Europa, con un obiettivo di medio termine: arrivare a una conoscenza precisa della situazione attuale, e uno ancora più ambizioso: ricondurre i mille casi particolari a un quadro di problemi generali, da affrontare con strumenti omogenei e coordinati nei vari Stati dell’UE.
Questo incontro non è che l’avvio di un percorso di analisi, diagnosi, proposte sui temi delle lingue cosiddette subalterne: le lingue di minoranza, ma anche i dialetti e le lingue regionali. Questo percorso sarà compiuto attraverso uno strumento: la rivista “Lingue e Idiomi d’Italia”, pubblicata dall’editore Manni. È una rivista scientifica, nata sotto gli auspici di Tullio De Mauro e diretta da Tullio Telmon dell’Università di Torino, coadiuvato da un comitato scientifico che comprende docenti di linguistica di diverse Università (Palermo, Siena, Lecce) che da tempo lavorano su queste tematiche.
Il termine idiomi che compare nel titolo non è scelto a caso: è una parola «neutra», non compromessa con valutazioni né positive (come «lingua») né negative (come «dialetto»): la prima affermazione «forte» del titolo è dunque una rivendicazione di pari dignità per tutti i sistemi linguistici presenti in Italia. Su questi sistemi linguistici, sulla loro storia e sulla loro realtà attuale, sull’uso che ne fa e sulle ideologizzazioni a cui sono sottoposti la rivista ospiterà ricerche scientifiche, delle quali il convegno offre un primo assaggio.
Parlare di minoranze, oggi, non significa solo parlare di lingue: significa anche – se non soprattutto – trattare un «affaire» politico. Dopo decenni di totale indifferenza – a dir poco – lo Stato si è improvvisamente ricordato di loro, e con una legge del 1999 ha emanato norme e stanziato fondi per tutelarle. Il tema delle minoranze si è così improvvisamente acceso ed è rapidamente divampato in tutta Italia: non tanto per le norme quanto per i fondi. Nella prima fase di applicazione si è assistito un po’ dappertutto a improvvisazioni, usi impropri, sprechi: gli aneddoti sono infiniti, a volte degni di Striscia la notizia. Ora è il momento di entrare nella seconda fase, fare tesoro dei molti errori, pianificare interventi meditati e motivati, insomma è il momento di mettere in cantiere una politica della tutela seria, ben motivata e a prova di clientelismo.
Il convegno riflette questa situazione. Gli interventi sono di due tipi. Alcuni, seguendo il filone della ricerca scientifica, offrono dati di conoscenza linguistica, tanto più preziosi in quanto ne siamo assolutamente carenti: analisi linguistiche sulla Grecìa salentina e sul grecanico calabrese, dati e riflessioni sull’uso di Internet, sul processo di standardizzazione, sul rapporto fra biodiversità e minoranze linguistiche ecc. Altri, lavorando nel filone dell’intervento politico-amministrativo, fanno il punto sulla situazione nei diversi paesi d’Europa. A conclusione dei lavori sarà presentata la proposta di legge per la tutela delle minoranze linguistiche in Puglia.
I due filoni confluiranno sulla rivista e, strada facendo, dovranno arricchirsi, crescere, gonfiarsi in parallelo: perché la ricerca scientifica è sterile senza una prospettiva applicativa – nella fattispecie, senza che si concretizzi in progetti di intervento-conservazione coerenti con i dati di conoscenza – ma la politica è dilettantismo, avventurismo puro (e peggio) se non è sorretta da analisi corrette delle situazioni su cui si vuole intervenire.
Sarà un caso, ma dei notevoli finanziamenti della legge sulle minoranze, in Italia, non è stato stanziato praticamene nulla per la voce che avrebbe dovuto avere la priorità assoluta: fare indagini approfondite e imparziali sullo stato di conservazione reale dell’idioma minoritario, nelle singole comunità. Chi ha paura dei dati? A pensar male si può rispondere: chi teme che si scopra che nel suo paese l’idioma da proteggere magari non si parla neppure più, e magari da due secoli. Vorrebbe dire rinunciare a finanziamenti, a posti di lavoro, a «progetti» indubbiamente utili per l’economia del paese ma ottenuti in modo, diciamo così, scorretto.
Ecco, se il convegno e la rivista riusciranno a fornire strumenti «buoni» e onesti per una politica «buona» e onesta, avranno raggiunto il loro scopo. Ma non sarà facile. Calimera e Martignano non ospiteranno solo un convegno sulle minoranze: se tutto va bene saranno un piccolo ma strategico laboratorio, un incubatore di politica linguistica, di orizzonte europeo. Non è poco.