Ebreo, tu non esisti!

Ebreo, tu non esisti!

sottotitolo
Le vittime delle Leggi razziali scrivono a Mussolini
copertina
anno
2007
Collana
Categoria
pagine
224
isbn
88-8176-868-2
15,20 €
Titolo
Ebreo, tu non esisti!
Prezzo
16,00 €
ISBN
88-8176-868-2
nota
Introduzione di Alain Elkann
 
1938: in Italia il Regime fascista emana le Leggi razziali.
Casalinghe, commercianti, studenti, militari, insegnanti, artisti di teatro e operai di origine ebraica scrivono a Mussolini.
Dall’Archivio Centrale dello Stato più di novanta lettere, firmate e anonime, sono qui pubblicate per la prima volta e costituiscono un documento di straordinaria portata storica e umana.

 

 
Paola Frandini è nata e vive a Roma. Tra i suoi libri: Anfiteatro della crudeltà. Roma nella narrativa straniera dell’Ottocento e Caravaggio, la Maddalena Doria. Per Manni Editori ha pubblicato Il teatro della memoria. Giacomo Debenedetti dalle opere e i documenti (2001) e Giorgio Bassani e il fantasma di Ferrara (2004). Tra le sue traduzioni: Hawthorne, James, Stevenson, Stead, Yates. Collabora con “Nuovi Argomenti”.
 
Riportiamo qui l'intervento che Aldo Zargani ha scritto in occasione della presentazione del libro di Paola Frandini, tenutasi a Roma presso il Centro di Cultura ebraica il 21 febbraio 2007:

Ebreo, tu non esisti! Ma, esiste ancora qualcuno?
“Mentre mi guardavo attorno, e i miei occhi si posavano sull’immane distesa di liquido color d’ebano su cui eravamo così trascinati, mi andavo mano a mano accorgendo che la nostra imbarcazione non era il solo oggetto caduto nell’amplesso del gorgo. Sia sopra, che sotto di noi, erano visibilissimi frammenti di navi, grandi masse di legname da costruzione e di tronchi d’albero e altri oggetti minori, rottami di mobili, case infrante….” Questo Edgar Allan Poe ne La discesa nel Maelstrom.
La Shoah è stata il nostro Maelstrom, non solo nostro di ebrei, è il buco nero scoperto da Edgar Allan Poe decenni prima della fisica einsteiniana, è il vortice che inghiotte il mondo.
Non sarò ottimista, ve lo avverto, perchè le leggi dello spazio-tempo lo proibiscono.
Attorno a noi superstiti vediamo quel che vedeva il mozzo sopravvissuto del profeta americano. Tutto sprofonda e galleggia: i nostri cari assassinati - non i loro corpi, le loro vite spente - e ogni giorno e ogni minuto, pensieri, terrori, invocazioni del tempo passato che permane nel nostro presente, trascinati nel gorgo che sembra non chiudersi mai.
Gli zingari lo chiamano, temo più giustamente di noi, Porajmos, che vuol dire “divoramento”.
Questo straordinario nuovo libro, Ebreo, tu non esisti! di Paola Frandini, descrive l’inizio, uno dei tanti inizi in Italia, del divoramento dell’Europa e della sua civiltà, e adesso ci appaiono, a noi, mozzi sopravvissuti, grazie a queste nuove pagine, lettere disperate, ossequiose, nobili, vili, insulse alle quali quasi sempre il Duce appone la scritta “Visto, Mussolini, ditegli di stare tranquillo”.
Sono anche un vecchio antifascista molto, molto fuori moda, anzi, dépassé, di quelli cattivi e vendicativi. Ho visto da piccolo il volto di Medusa e non capisco neppure se sono diventato di pietra, ma, quando, nel 1945 a Piazzale Loreto i corpi dei gerarchi furono appesi al distributore di benzina, anzi, prima, quando giacevano ancora per terra ammonticchiati giustamente come le loro innumerevoli vittime, e la folla che fu poi giudicata “imbarbarita” dagli ipocriti - che ora si chiamano “politicamente corretti” - infieriva tumultuando, rabbrividii, a 12 anni. A ogni calcio sul volto attonito della carcassa del Duce cogli occhi ancora aperti, che purtroppo non potevano vedere più nulla ma orribilmente lo sembravano, a ogni calcio su quel pupazzo ormai di gomma, io bambino tremavo. Ma adesso, leggendo le lettere di questi sventurati che siamo anche noi, ogni volta che leggo il rescriptum imperiale che tanto lo appagava, nuovo Cesare, ogni volta che leggo: “V. M. ditegli di stare tranquillo”, aggiungo un mio calcio a quel volto di cadavere senza onore che, da vivo, l’onore alle persone lo toglieva ad libitum, e ripeto: “Ditegli di stare tranquillo”.
Non mi è possibile, per la mia indole, commentare questo terribile libro di straordinaria portata storica e umana, altro che con i sentimenti, e con questi, senza alcuna correttezza politica, vi intratterrò mentre mia moglie leggerà tre lettere, solo quelle che hanno colpito i centri emotivi, resi troppo sensibili della nostra fragile mente di vecchi: nervi scoperti, si dice, nevvero?.
Tutto quel passato, ormai quasi incomprensibile, è stato divorato dal buco nero dello spazio-tempo, ma rotea ancora nei Maelstrom di ogni nostra memoria. È dunque solo a causa di un’illusione fallace che si è appianato, perché anche noi ci troviamo oggi dall’altra parte del buco, dove il passato è futuro e il presente non c’è. Edoardo Sanguineti, un rottame, come me, del XX secolo, preconizza una fine del mondo che è già avvenuta ed era già avvenuta quando Karl Kraus scrisse appunto il suo dramma La fine dell’umanità prima del 1914.
Già rimpiangiamo i tempi lontani di pochi anni fa nei quali, avvicinandoci inconsci ai margini del turbine, vivevamo in un presente che credevamo perpetuo, “il passato che non passa”, ricordate? ma che invece sappiamo adesso che altro non era che uno degli stadi della Memoria, infiniti. Un’ultima illusione fallace, destinata a sparire, anch’essa stritolata per sempre. Oggi infatti, dall’altra parte, siamo seduti a Teheran per assistere al Convegno sulla inesistenza della Shoah.
Non siamo neppure in grado, e non lo sarà mai più nessuno, di distinguere la verità dalla menzogna di chi scrive, anzi, implora.
Dobbiamo rispetto a tutti quelli che scrissero queste lettere, a tutti, compreso i vili, i cui fogli ci arrivano in faccia dal gorgo di questo libro.
Questa, invece, ne siamo sicuri, è tutta verità, la burocratica verità dell’infamia di Roma, della nostra città dannata. È la famosa questione dei venditori ambulanti che ebbero anche loro il rescriptum di “stare tranquilli”, ma, per l’intervento dei sindacati fascisti, furono annientati nella miseria. Roma, la dolce, placida Roma, si preparava, già allora, nel 1938, al saccheggio dei negozi e alla banda di Palazzo Braschi del 1944.
Dobbiamo rispetto a queste lettere di miserelli che arrivano a noi dall’altra parte del gorgo, anche a quelle che contengono false adulazioni, magniloquenze, che altro non sono che mezzi inutili per ottenere una pietà che non sarà concessa. Accluse alle lettere sono spesso le foto dei propri bambini e si invoca la qualità di padre del Duce, o di madre di Rachele Mussolini, che, siccome, in definitiva, era solo un’assassina patologica, riusciva, lei, a essere qualche volta perfino simile a un essere umano.
Ecco, siccome noi viviamo in un futuro a quel tempo inimmaginabile, ma dannati a non aver più contatto col passato se non per piangerlo, non possiamo neppure fare eseguire un trapianto di cornea al bambino ebreo accecato dalla calce viva. Un intervento di routine ai nostri tempi. Santo Beniacar, nel suo curriculum, alla voce “vita commerciale e morale” precisa, per distinguersi dagli altri ebrei, “di temperamento non incline all’ingordigia e alla speculazione, fruttò al Beniacar Santo, una certa popolarità per la contenutezza dei prezzi” .
Sì, ci sono anche le lettere anonime che maledicono, quelle di cattolici che portano come esempio giudizi severi di Papi che non li emisero mai e poi mai, che minacciano la giustizia divina che per fortuna invece ci fu. Lettere anonime, solo dalle quali si riesce a capire qualcosa di quel che passava per la testa agli ebrei e ai non ebrei.
Ma Sebastiani, che trasmetteva i messaggi tranquillizznti del Duce, finì anche lui penduto al distributore di benzina? Sono sicuro di no. Lui ha fatto carriera…
Ecco, quasi tutti vantano le proprie benemerenze personali, molti ammettono le gravi colpe del popolo ebraico: ma quale stranezza! Cosa non arriva di sconosciuto dall’al di là del buco nero! Gli ebrei si laceravano con le proprie mani in ebrei buoni e ebrei cattivi. Oggi pare una cosa quasi incredibile. Ma come fu possibile?.
Perché fra le molte lettere di non ebrei, fra le quali quella di Giovanni Agnelli, che cercano di difendere un dipendente, di vicini di casa, di amici che tentano di soccorrere e finiscono affogati nei faldoni intestati all’ebreo invano difeso, perché mancano lettere delle Eminenze ecclesiastiche, delle autorità accademiche, delle autorità fasciste, di quelli che poi si vantarono di essere stati tanto amici degli ebrei?
Perché tanta ingenua fiducia degli scriventi, al di là delle piaggerie, nell’umanità del ricevente?
Qui il perché ve lo anticipo io: perché queste lettere segnano il punto terminale dell’autorità del potere, sia nelle pietose menzogne che nelle infami risposte. Galli Della Loggia crede, in uno dei suoi tanti articoli sbagliati, che l’Italia finì l’8 settembre 1943, quando invece era già putrefatta da un bel po’. Se oggi noi viviamo nel mondo del caos è anche per colpa dei bastardi fascisti, persecutori e tuttavia titubanti. A causa della loro viltà è scomparsa sì, nel nostri Paese, l’autorità con la dignità che le era connessa, ma è rimasto il potere, crudo, anzi, crudele.
Perché solo il tenente pilota Valfredo Segre restituisce medaglie, gradi, onorificenze, sbatte in faccia, con oltraggio voluto, la degradata italianità agli infami, fugge in America, diventa americano, si arruola nell’esercito USA e compie, come soldato, la sua opera di giustizia in un Paese nel quale gli ebrei americani chiedono stupefatti agli esuli ebrei italiani “How can you be an Italian jew? Aren’t all Italian catholic? There aren’t any jews in Italy!”. Quante volte avete sentito queste domande? In America e in Israele? Queste lettere segnano infatti anche la fine dell’illusione dell’assimilazione, che non consiste, come si crede oggi, nel mangiare prosciutto, ma consisteva allora nell’orgoglio di essere anche italiani.
L'editore modenese Angelo Fortunato Formiggini – citato nella prefazione del libro - che fascista lo era per sul serio e anche onesto, e anche ingenuo, si getta a capofitto dalla Torre della Ghirlandina di Modena e, fra le sue ultime lettere, scrive: «Io non posso rinunciare a ciò che considero un mio preciso dovere: io debbo dimostrare l'assurdità malvagia dei provvedimenti razzisti richiamando l'attenzione sul mio caso che mi pare il più tipico di tutti [...]. Sopprimendo me, affranco la mia diletta famigliola dalle vessazioni che le potrebbero derivare dalla mia presenza: essa ridiventa ariana pura e sarà indisturbata. Le cose mie più care, cioè il mio lavoro, le mie creature concettuali, invece di scomparire, potranno risorgere a nuova vita. Egoisticamente preferirei che morissero con me. Ma esse non sono più soltanto mie, e poi esse possono ancora riuscire di utilità e decoro alla mia patria».
I suoi Classici del ridere, intendo tutta la sua collezione, ha formato la mia adolescenza e ora sta, “I classici del Ridere”, sui vasti scaffali dedicati alla Shoah della mia biblioteca: Till d’Eulenspiegel, Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, Storia di Lazzarillo di Tormes, Tartarino di Tarascona, Racconti grotteschi seri di Edgar Allan Poe…
Porajmos? Forse no. I libri hanno salvato gli ebrei e, del resto, è quello che fanno, come questo libro, per tutta l’umanità. E tu, tu, mio povero, amato e quasi dimenticato Jean Amery, ti sei contraddetto, hai scritto il tuo libro in odio all’umanità, e invece l’hai salvata.

 

Introduzione
 
 
Il tema trattato da Paola Frandini, le lettere scritte dagli ebrei al Duce di sgomento, di rabbia, di delusione, di angoscia per il suo voltafaccia, la firma delle Leggi razziali e dell’alleanza con Hitler mi riportano indietro a un romanzo che pubblicai nel ’75, Piazza Carignano. Il tema era l’ebreo fascista che resta fascista malgrado l’umiliazione appunto delle Leggi razziali che lo hanno messo al bando trasformandolo in un paria.
Egli però non vuol credere fino in fondo al tradimento e spera che la cosa finisca col risolversi.
Si risolverà purtroppo in modo tragico quando dopo l’8 settembre 1943 lui e tutta la sua famiglia vengono catturati e giustiziati barbaramente dai repubblichini e dai nazisti e verranno bruciati nella caldaia di un albergo vicino a Intra sul Lago Maggiore.
Questa in realtà è la vicenda romanzata realmente accaduta a un mio prozio, Ettore Ovazza, e alla sua famiglia; e di questo dà testimonianza nei suoi libri sugli ebrei e il Fascismo lo storico Renzo De Felice.
 
Perché mi ha colpito tanto questo libro che raccoglie le lettere scritte al Duce dagli ebrei?
Perché mi ferisce moltissimo l’umiliazione, il tradimento, il pregiudizio… Certo la soluzione finale di Hitler che ha la sua sintesi nel campo di sterminio di Auschwitz è una vergogna, una macchia indelebile per tutta l’Europa e per tutti quelli che sapevano e finsero di non vedere. Per tutti quelli che in modo attivo o che con indifferenza hanno permesso lo sterminio di milioni di ebrei, di zingari e persone disabili senza muovere un dito. Certo ci sono stati gli eroi come Schindler o Perlasca e molti altri meno noti che hanno aiutato, difeso e dimostrato grande coraggio, ma la maggioranza silenziosa ha preferito tacere… Purtroppo gli ebrei sono stati e sono ancora oggi capro espiatorio dei tiranni e dei dittatori che sul tema dell’“odio per gli ebrei” trovano il consenso della folla che ancora vuol credere all’accusa di “popolo deicida”. Purtroppo i pregiudizi sono quasi impossibili da debellare e vanno generalmente di pari passo con la mancanza di libertà e la propaganda che sono tipiche dei regimi dittatoriali… Oggi dall’Iran o da altri paesi si sentono in bocca a uomini con responsabilità di governo parole che ci riportano tragicamente indietro. Il pregiudizio è contro Israele, non contro gli ebrei – dicono senza capire che Israele e gli ebrei della diaspora sono la stessa cosa.
Quando muore in guerra, dentro un carro armato, a poche ore dalla tregua, Yuri Grossmann, figlio di un mio amico, lo scrittore israeliano David Grossmann, mi vengono i brividi… Ma lui è come molti altri ragazzi figli di ebrei che muoiono vittime di una situazione politica in cui c’è chi dice “devono essere cancellati”…
 
Ebbene quei poveri ebrei italiani che fino al 1938 pensavano ingenuamente che Mussolini non fosse un dittatore come gli altri, anzi, che fosse amico degli ebrei e di animo sionista, si erano ovviamente sbagliati. Tra un’alleanza politica con la Germania che illudeva su una grande e gloriosa vittoria a traino per l’alleato italiano e il destino di poche decine di migliaia di ebrei, la scelta era fatta… Come hanno vissuto quegli ebrei italiani che non potevano più lavorare negli uffici pubblici, esercitare professioni liberali, andare a scuola o insegnare?
Alcuni più fortunati hanno potuto emigrare, altri sono rimasti finché li hanno rastrellati e portati alle Fosse Ardeatine o si sono nascosti miseramente cambiando nome o trovando la pietà di chi aveva coraggio e dignità…
Leggendo le lettere qui pubblicate, mi viene da pensare all’Iran e mi domando per i politici chi oggi non sia più importante: il petrolio o gli ebrei?
 
Alain Elkann