Il furto della gazza ladra

Il furto della gazza ladra

copertina
anno
2006
Collana
pagine
56
isbn
88-8176-869-0
7,60 €
Titolo
Il furto della gazza ladra
Prezzo
8,00 €
ISBN
88-8176-869-0
nota
8-12 anni
Tutto cominciò quando a nonno Erio rubarono Cecca, una delle due gazze ladre. Il fatto sorprese e sconcertò tutta la famiglia. La questione era: com’era possibile che una gazza ladra si fosse lasciata rubare? E chi aveva avuto il coraggio di rubare una gazza ladra proprio a nonno Erio che notoriamente era un ladro?
 
Gianni, un ragazzino sveglio e coraggioso, ci racconta una storia divertente, dai risvolti gialli. Al seguito del nonno zingaro, incorreggibile e romantico ladro – che riesce a ripulire perfino il Commissariato di Polizia! – Gianni si avventura per le strade di Roma alla ricerca della gazza sottratta al nonno. Tra pedinamenti, trappole e colpi di scena, riuscirà Cecca a tornare a casa?
 
 
 
 
 

Incipit

 

 

Mio nonno e mia nonna, il padre e la madre di mia madre, erano zingari. Mia madre si era invece regolarmente sposata con un non zingaro, che poi era mio padre. Io, mamma e papà vivevamo in una casa, a Roma. Nonno e nonna erano nati in piccoli paesi della Jugoslavia, si erano sposati e avevano vagato per tutta l’Europa. Erano vissuti per molti anni in Spagna, dove avevano avuto molti figli tra cui mia madre, infine erano venuti a Roma e si erano stabiliti in un campo nomadi. Tutte cose che io avevo saputo da mamma. Difatti conoscevo poco i miei nonni, i quali non venivano a casa nostra e non avevo mai visto i miei zii di parte materna.

 

 

Di questa assenza dei nonni la mia famiglia non si lamentava davvero. Mio padre, anche se non lo diceva, non ci teneva a far sapere che sua moglie era figlia di zingari. Mia madre delle sue origini non parlava mai.
La cosa curiosa è che nella nostra piccola famiglia tutti sapevamo di questa origine zingaresca, ma sapevamo che era meglio non dirlo. Io, all’epoca in cui si svolsero i fatti che sto narrando, avevo solo nove anni, ma capivo che per mamma avere sangue zingaro nelle vene era una vergogna, tant’è vero che si era cambiato nome: si faceva chiamare Stella, mentre il suo vero nome era Estrella, che a me sembrava molto più bello. E mi aveva chiamato Gianni, un nome finalmente normale come quello di tanti altri, aveva detto una volta.
Ora però improvvisamente mia nonna morì. Nonno Erio allora cominciò a dire che di vivere sempre e solo nella roulotte del campo nomadi si era stufato. A quel punto gli affetti ebbero il sopravvento. Mia madre gli disse che poteva venire a casa nostra e vivere con noi, tanto la gente non lo sapeva mica, precisò, che lui era uno zingaro. Bastava che si comportasse come tutti gli altri.
Fui contento di questa decisione perché nonno mi era simpatico e non avevo mai capito che ci fosse da vergognarsi ad essere zingari. Papà non fece i salti di gioia, ma acconsentì. Lui faceva il rappresentante di commercio e viaggiava per l’intera settimana. Era il vero zingaro della famiglia, diceva, e aveva ragione. E così anche mio padre accettò. Inoltre proprio il sabato e la domenica, quando mio padre era a casa, il nonno tornava al campo nomadi per riordinare la propria roulotte.
Mia madre assegnò al nonno una camera del nostro piccolo appartamento e tutto andava bene. Le abitudini di nonno erano diverse, si capisce, ma lui era bravo. Siccome amava l’aria aperta, si alzava prestissimo la mattina e andava in giro per la città, talvolta tornava al campo nomadi e ci passava l’intera mattinata. Tornava tardi il pomeriggio e la sera di regola stava con noi.
Tutto andava bene, ho detto, ma non è vero, perché a un certo punto scoprimmo che mio nonno aveva il vizio di rubare. Nacque un putiferio in casa, mamma si arrabbiò e gli disse che non doveva comportarsi come uno zingaro! Lui si offese a morte e si difese energicamente. Sostenne in primo luogo che non tutti gli zingari rubano e che quelli che rubano lo fanno per necessità. Quindi lui rubava perché rubava e basta, che era un suo brutto vizio, e non c’entrava niente di essere zingaro. Aggiunse che comunque lui era uno zingaro e che ci teneva ad esserlo.
«E poi non rubo mai alle persone, ma solo nei supermercati!» disse infine.
«Ma che vuol dire?» replicò mamma. «Rubare è rubare e basta. A chi rubi non ha importanza.»