L’arte di comandare gli uomini

L’arte di comandare gli uomini

copertina
anno
2008
Argomento
Collana
Categoria
pagine
216
isbn
978-88-6266-092-1
14,25 €
Titolo
L’arte di comandare gli uomini
Prezzo
15,00 €
ISBN
978-88-6266-092-1
Elisa è una inetta. Sola, nevrotica, infantile. Incapace di accettare che l’avvocato Quai la lasci, e soprattutto che non la mantenga, è incerta se iniziare una nuova storia d’amore con Valerio, un giovane ladro interessato a lei solo per coinvolgerla in un furto.
Cerca rifugio nella famiglia. Ma è come scoperchiare il vaso di Pandora. Un coro di donne in sofferenza con se stesse, a patire l’immaturità degli uomini ma anche la propria, si muovono attorno a lei. Che tra l’ossessione del denaro e quella dei maschi, fatica ad acquisire consapevolezza di sé. E senza quest’ultima, si sa, confrontarsi con l’altra metà del cielo è sempre stata operazione fallimentare.
 

Per ascoltare l'intervista ad Angela Scarparo a Fahrenheit del 29 dicembre http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_libro.cfm?Q_EV_ID=271959

 
Angela Scarparo è nata a Brindisi nel 1959, vive a Roma e scrive sceneggiature per il cinema.
Ha pubblicato Shining Valentina (Mondadori 1993), Quando cresci in un piccolo paese (Transeuropa 1995) e Disturbando famiglie felici (peQuod 2005).
Si è laureata in legge con una tesi su Franco Basaglia.
Dal 2004 cura il sito www.ilpostodeilibri.it.

INCIPIT

Roma, via Gregorio VII

Come molte donne Elisa Dentera per sopravvivere aspettava tutti i mesi una busta gialla.
Tutti i mesi, per posta, ne riceveva una.
Ma siccome si svegliava tardi, la mattina non sentiva mai suonare il campanello, e il postino allora lasciava la busta a una vicina.
La signora Fantini, l’inquilina del piano di sotto, era la vicina. E siccome la Fantini oltre che una vicina era anche una tipa molto curiosa, si teneva la busta fino a che non vedeva Elisa, o finché non le andava di portargliela. Di solito una di queste due cose succedeva il pomeriggio. In realtà la vicina si faceva dare volentieri la posta di tutti. Lo faceva per sapere più cose di loro.
Il postino da parte sua, era contento di lasciargliela, così non doveva fare la fatica di dividere le buste nelle singole cassette.
Quando la vicina andava di persona a lasciare la busta da Elisa, era perché voleva saperne di più su di lei. Suonava, più o meno verso le tre, per essere sicura di trovarla sveglia, e se Elisa apriva, la vicina chiedeva, con aria finta simpatica, «Allora, come va? Tutto bene? È arrivata questa…».
E le dava la busta gialla.
Qualche volta, aveva guardato dentro l’appartamento e ci aveva provato a chiedere se potevano prendere lì un caffè assieme. Ma Elisa aveva detto sì solo due volte, al caffè. E tutte e due le volte era stato a casa della Fantini.
A casa sua, mai. Aveva sempre trovato delle scuse. Aveva sempre detto che aveva da fare.

Anche quella mattina era arrivata la busta. Allora la vicina provò a suonare. Era l’una. Non aveva voglia di aspettare le tre, perché voleva andare a trovare la figlia. Elisa da dentro gridò, «Sì?».
“Mattinieri oggi…”, pensò la vicina ferma sulla porta.
Elisa aveva mangiato poco la sera prima, così si era svegliata presto, e con molta fame. Adesso stava leggendo un fumetto, con le mutande bianche che le strizzavano la pancia, seduta su una sedia del soggiorno. Davanti a lei, sul tavolo, un panino smozzicato, una tazza sporca di caffè e un cellulare tutto rovinato.
Aprì la porta, vide la busta gialla, la prese e senza salutare né dire grazie stava richiudendo. Ma si accorse di essere stata sgarbata, e allora disse, «Scusami Grazia, stavo dormendo…».
«A quest’ora?», sorrise l’altra che non si faceva mai scappare l’occasione per far vedere che personalità forte aveva. Elisa in piedi voleva chiudere la porta.
E «Neanche grazie mi dici?», chiese allora l’altra.
«Ma ti ho chiesto scusa…»
«La prossima volta scendi e te la metti da te la tua firma, per prendere la busta…». Voltando le spalle, la Fantini se ne andò.

Elisa chiuse piano la porta e aprì la busta gialla.
Aveva mani infantili, con le unghie rosicchiate. I capelli ricci, tinti di rosso fuoco le davano un’aria aggressiva.
Il naso, ereditato dal nonno, commerciante che si era fatto da solo con la borsa nera negli anni della guerra, ce l’aveva importante. Anche la bocca, che aveva ereditato dal padre, ce l’aveva carnosa, ed era quella che la faceva sembrare più giovane. Si sa quanto invecchino precocemente un labbro smorto, un collo cascante, in certe donne.
Gli occhi erano belli. Presi dalla madre, una alta, florida, bruna, importante, ma debole di carattere, erano grandi, verdi, con delle belle ciglia che sembravano disegnate. Dimostrava certo meno della sua età, Elisa, che era intorno ai trentacinque. Ma se l’aveste vista solo due mesi prima avreste pensato a lei come a una ragazza. Da quando Quai l’aveva lasciata aveva preso l’aria di una donna.
Nella busta c’era un assegno celestino.
Di fianco a INTESTATO A, era stato aggiunto a penna dal proprietario dell’assegno e del conto, il nome di lei, e cioè: Elisa Dentera.
Di fianco alla parola FIRMA invece il proprietario del libretto e del conto aveva firmato con uno svolazzo il suo proprio di nome, e cioè: Ruggero Quai.
Dietro l’assegno, l’intestazione NON TRASFERIBILE era stata messa con un timbro.
Elisa cercò qualche altro foglietto dentro la busta, ma non c’era più niente.

 

L'intervento di Antonella Agostino alla Laterza di Bari il 5 marzo 2009

Con questo suo quarto romanzo, L’arte di comandare gli uomini (dopo Shining Valentina, 1993, Quando cresci in un piccolo paese, 1995, e Disturbando famiglie felici, 2005), Angela Scarparo ci fa entrare nel mondo di Elisa Dentera, intellettuale e inetta, anzi «inettettuala» – tanto per usare un neologismo appositamente coniato dalla scrittrice – incapace di mettere a frutto una laurea in giurisprudenza, di prendere un pennello e dipingere, di fare il palo per un semplice ed organizzatissimo furto. «Io non sono mai stata capace di ribellarmi. Non sono mai stata capace», confessa non a caso, la donna nel libro.
Suscita emozioni contrastanti nei lettori e nelle lettrici questo nuovo personaggio frutto della fantasia della scrittrice e sceneggiatrice brindisina. Impietosamente la Scarparo dapprima ci fa provare pena per questa ragazza, abbandonata dal compagno, rinserrata nelle mura di un abituro a leggere fumetti, «con le mutande bianche che le strizzavano la pancia, seduta su una sedia del soggiorno», circondata dal vuoto; con lei solo un tavolo su cui minuziosamente vengono descritti «un panino smozzicato, una tazza sporca di caffè e un cellulare tutto rovinato». Poi alla compassione subentra la rabbia, la ripulsa.
Elisa è una donna solo apparentemente innamorata, dal momento che il suo cuore batte per amori mai vissuti, per uomini mai incontrati. Elisa sogna, infatti, di passare da letti di piume e lenzuola di seta a letti squallidi «dentro il peggiore motel», come una sorta di viaggiatrice inquieta, dietro le cui sembianze intravediamo quella «altra metà del cielo», che è poi la donna secondo Novalis.
Solo in apparenza propositiva, la protagonista dell’Arte di comandare gli uomini si rivela incapace di tradurre in azioni anche i suoi più semplici bisogni. Eppure la Scarparo non ci consegna un personaggio totalmente pessimista. «Elisa inciampando nelle scarpe di Ferragamo a cui non era più tanto abituata, se ne andò». Elisa è una donna che sbaglia – vittima di un padre capace soltanto di umiliarla – dalla personalità nevrotica, angosciosa e angosciante. È una donna che vuole prendere e mai dare, arraffare il più possibile, convinta che il mondo sia un posto orrendo, dove c’è spazio solo per i furbi, per i «dritti». Voleva vivere a Roma, da signora; lo desiderava da quando era piccola, spinta dalla passione per il cinema: «Volevo proprio venire a Roma. È da quando ero piccola che lo desideravo. Sono appassionata di cinema, io. Nella città che vedevo nei film in bianco e nero, volevo vivere. La città che leggevo nei romanzi di Moravia». E nella Capitale sognava di arrivare vestita con un bel tailleur azzurro di Versace, con orecchini d’oro ai lobi delle orecchie, una raffinatissima borsa di Fendi e i tacchi alti di Ferragamo. Qui poi, Elisa è appassita e nel suo lungo colloquio con Angela si mostra imbracata in tute sformate, scarpe dalle zeppe altissime e deformate; scarpe vecchie da cui spuntano le unghie dallo smalto consumato, sbeccato.
L’arte di comandare gli uomini è la storia di una donna, debole, fragile, nevrotica, pronta però a ribellarsi col suo corpo, a partire dal suo intimo per dire «basta», a partire da sé per non adattarsi alle regole, in modo da poter dire ancora una volta: «hai in mente quando ti guardi negli specchi, sai quegli specchi che si specchiano l’uno dentro l’altro? Quando ti guardi senza guardarti negli occhi…quando sei in mezzo alle immagini di te che ti rimandano tanti specchi?»
È tutta qui la disperazione di Elisa. Una disperazione che la fa passare dalla depressione alla esaltazione. Forse solo un uomo, solo un poeta potrebbe consolarla. Forse sì, forse no… No, ormai non basta più.

Angelo sconosciuto intervista l’autrice
 
Hanno scritto in tanti, e tutti bene, dell’ultimo romanzo della brindisina Angela Scarparo. L’arte di comandare degli uomini fa discutere, fa riflettere, perchè Elisa Dentera, il personaggio centrale del romanzo, con il suo carattere senza ambizioni, con il suo mondo dal quale intende ricevere senza dare, sembra più di una voce stridula. È una vocina che sollecita continuamente il lettore a pensare sui rapporti tra le persone, su ciò che è questa società, anche oltre ciò che è l’universo femminile, che si confronta «con l’altra metà del cielo» senza la consapevolezza di sé.
Nei dialoghi, molti dei personaggi pensano una cosa, immaginano la risposta e nel momento in cui parlano dicono altro. È un mondo che scoraggia?
«Io direi di no, nel senso che è abbastanza naturale che alcune persone tendano a nascondersi - risponde Angela Scarparo -. Quest’osservazione me l’ha fatta una ventenne: “Sono tutti ipocriti?”, mi ha chiesto. Dico che andando avanti con gli anni, ci si accorge che c’è una dimensione pubblica e che non tutto si può dire e che c’è anche uno sforzo mediazione e che non ci si può esprimere sempre con la voce della pancia».
Elisa è un’avvocata che serve solo il caffè; Ruggero Quai è un avvocato, che campa dietro la notorietà di un padre che lo sostiene. C’è autobiografia, gente che conosce...
«Un’avvocata così, no: ho conosciuto però molte donne, che prima ancora di fare un lavoro, ma anche piccola attività quotidiana, si arrovellano sul come farlo e tendono a sedersi».
C’è «brindisinità» nel suo libro?
«Credo ce ne sia parecchia, soprattutto se - dice Angela Scarparo - pensiamo alla società qualche periodo addietro...».
Nel romanzo c’è un personaggio certamente positivo, la nonna...
«La nonna è il personaggio più sincero. Credo che le persone anziane ed i bambini, che vivono in una condizione di debolezza, rispetto agli adulti hanno un atteggiamento molto più aperto, più chiaro, meno calcolatore».

 

 
O resterai più semplicemente dove un attimo vale un altro, di Claudia Nigro
 
 
L’arte di comandare gli uomini, il nuovo romanzo di Angela Scarparo, è un viaggio nel mondo di un allegorico SerT delle soggezioni.
Elisa Dentera, la protagonista, è una trentacinquenne che subisce come sistema di potere la dipendenza emotiva ed economica.
Una isterica Amelie Poulain, dall’umore altalenante,serrata nel suo mondo siderato, immaginifico, di letteratura e cinema.
Eternamente in bilicotra ribellione e adozione, tra volontà di liberarsi dagli ingranaggi aggressivi di un sistema, di una relazione e l’accettazione di compromessi che strozzano, opprimono, devitalizzano.
Angela Scarparo racconta la Donna Elisa, che vive un senso di disagio e di estraneità nei confronti dell’esistente, così forte e irrimediabile da impedirgli ogni rapporto vero e positivo con gli altri, (come con la propria famiglia, chiusa e oppressiva) e da provocarle una condizione di aridità e di assoluta apatia.
La vicenda narrativa si dipana tra il paradossale e il simbolico:
Elisa passa le sue giornate in casa a leggere fumetti.
Inerme e inerte dopo la fine di una relazione,si crogiola nell’ozio.
Aspetta la fatidica busta gialla, l’assegno di mantenimento, provvigione di vita e biasimo.
Vive in una casa presa in affitto che, tanto quanto la sua vita, non riesce ad arredare, abbellire, a sentire propria.‘Le bestie in cattività diventano incapaci di trovarsi del cibo. La schiavitù indebolisce’ sosteneva Carlo Cassola.
La realtà le appare inadeguata ai suoi bisogni e priva di consistenza.
Elisa non è assertiva, pronuncia parole diverse da quelle che pensa.
L’incontro rocambolesco con un uomo (l’ennesimo, forse quello giusto o un reiterato errore) la vedrà coinvolta in un furto che non riuscirà a portare a termine, perché ‘non è capace di ribellarsi’, scriverà.
La dipendenza intossica, soffoca, affievolisce la ricerca di motivazioni necessarie all’azione,alla ribellione
Ciò la farà sentire inautentica e le darà la consapevolezza di essere asservita. Ciò le permetterà di trovare un guadagno nella perdita, tirando a lustro le intenzioni malconce.
Come molte donne, passando attraverso la propria sconfitta e dando completamente fondo alla malinconia, sarà in grado di imporsi, di affermarsi.
La scrittrice,mediante un lucido pessimismo, le intenerite introspezioni e le scanzonate analisi della realtà di Elisa,ci permette di vedere oltre la morte nella vita e la vita nella morte.
Prendendosi cura del proprio dolore, non più affidandolo ad altri, zoppicando sui vertiginosi tacchi di Ferragamo, riuscirà ad impadronirsi della propria vita,a reagire, a sollevarsi, dando le spalle e lasciandosi scivolare finanche, i pensieri di un misero poetastro.
L’arte di comandare gli uominiè un romanzo che parla di donne, di meccanismi complessi e oscuri che intrappolano, di ribellione, di rivolta, di rivoluzione anche in questi anni zero dove tutto sembra blasè, poco chic e sempre fuori moda.