Alvaro Torchio, Luce e tenebra

03-11-2016

La luce di Torquato, di Francesco Feola


Non aspettatevi un romanzo biografico, e neppure una biografia romanzata. Sarebbe riduttivo. Luce e tenebra. Vita di Torquato Tasso (Manni, 2016) è semplicemente il risultato di «una passione antica, quella per la poesia, soprattutto la grande poesia italiana», come mi ha detto l’autore Alvaro Torchio, docente di materie letterarie in pensione e già autore di libri di narrativa.


Una passione che trasuda da ogni parola che leggerete, ciascuna attentamente soppesata con l’acribia tipica di uno studioso nel campo delle humanae litterae. E forse proprio questo non essersi mai del tutto staccato dalla sua natura di studioso è l’unica pecca (veniale) che gli si possa imputare.

Detto questo, resta il pregio di un’opera appassionante oltre che molto istruttiva per chi, come me, è un irriducibile studioso del Cinquecento, e in generale per chiunque voglia saperne di più sulla vita di Torquato Tasso, lasciandosene letteralmente travolgere.

La leggerezza e piacevolezza dello stile (a parte forse i dialoghi un po’ troppo didascalici, e che perciò risultano talvolta inverosimili) era un risultato non semplice da ottenere, vista la materia trattata. Ma Alvaro Torchio mi sembra che l’abbia ottenuta egregiamente, superando a pieni voti questo “folle volo”.

Potrete seguire Tasso nelle diverse fasi della sua vita, e nelle diverse città d’Italia in cui fu costretto, quasi sempre suo malgrado, a peregrinare, prima fra tutte quella tanto amata e odiata Ferrara (incantevole città in cui il libro mi ha riportato), con il suo padre-padrone, il duca Alfonso II d’Este.
Lo troverete alle prese con la stesura delle sue opere, e in particolare con i tormenti che s’insinuano gradualmente, in un avvincente crescendo, durante l’elaborazione della Gerusalemme liberata e poi Conquistata; lotterete anche voi con l’evanescente figura del daimon, allucinazione con cui Tasso dialoga, tratteggiata da Torchio in maniera sublime. E poi gli amori, a cominciare dal primo e mai più dimenticato per Lucrezia Bendidio, gli amici fedeli come Scipione Gonzaga e Angelo Grillo, e gli intrighi orditi ai suoi danni, fino all’internamento nell’ospedale di Sant’Anna.

Che provino a cercare di infrangere lo scudo della poesia, unica arma nelle mani di chi sospira nel rammentare la libertà perduta! I cortigiani spargano pure i loro veleni. Nulla possono nel regno della fantasia, dall’alto della quale lancerò i miei strali (p. 94).
Oltre al piacere della lettura, e a insegnare qualcosa di più su un autore senza età della nostra letteratura, l’opera di Alvaro Torchio trova la sua principale ragione d’essere nell’aver reso più umana e vicina ai lettori la figura di Torquato Tasso rispetto all’immagine stantia che di lui ci hanno consegnato i libri di scuola. In questo intento Luce e tenebra si accosta a opere quali Come donna innamorata (Guanda, 2015), il romanzo di Marco Santagata sulla vita di Dante Alighieri, o anche al Giovane favoloso, il film che ha restituito agli spettatori un altro Giacomo Leopardi.


Un testo di riferimento per studenti e studiosi, oltre che per i lettori (e infatti, in non pochi punti ho sottolineato e appuntato il libro quasi come fosse stata una dispensa universitaria). L’autore ci regala, senza farcela pesare (appunto, come un dono), un’attenta ricostruzione storica, con personaggi realmente esistiti e fatti ampiamente documentati, impreziosita da una sapiente ed evocativa conoscenza degli usi, degli abiti, dei cerimoniali e delle danze nelle corti italiane rinascimentali.

Pur tra i miei tanti impegni (cui mi premuro di aggiungerne sempre altri, non si sa mai), e considerando che sono un lettore fin troppo zelante, ho letto il libro speditamente. Questo la dice lunga sulla piacevolissima scoperta che ha rappresentato per me Luce e tenebra di Alvaro Torchio, un’intrigante sequenza di calde pennellate che istoriano la vita di Torquato Tasso come fosse un affresco. Un libro destinato senz’altro a ben altri palcoscenici, e a far parlare ancora molto di sé.