Antonio Spagnuolo, Un sogno nel bagaglio

05-06-2006
Una verità che non si lascia cogliere, di Luigi  Alviggi
 
Antonio Spagnuolo, napoletano, fine poeta e scrittore di teatro, non disdegna di cimentarsi anche nel campo narrativo. Questa sua ultima opera ci svela, con accenti a tratti toccanti e sempre fortemente partecipi, reconditi aspetti della sua complessa anima di artista.
Un professore indaga, nell’intricato rapporto che viene ad instaurarsi tra Dio e Potere, sul passato, su ciò che è stato  e su ciò che avrebbe potuto essere, sull’eterno dilemma che da sempre affascina l’uomo. Il segreto custodito gelosamente e portato avanti, a dispetto anche dell’incomprensione degli altri, è semplice:
 “Non ostenta alcun segno di saggezza, pur avendo accumulato esperienze da far invidia ad un mago.”
 I discepoli, la ragazza di un tempo, Liliana, i familiari di oggi: il cerchio appare districarsi per drammaticamente avvilupparsi di nuovo  e richiudersi, in una linea comunque radiosa, incastonando lungo il suo arco delimitato le piccole vittorie e le grandi disfatte della vita di un uomo, emblematica di quelle di tutti gli altri simili:
 “Sfoderò senza impaccio mille locuzioni, per le quali la vita sembrò una storia raccontata da un ubriaco, e nella quale il dolore si imponeva senza scampo ad ogni parete, ignota o nota che fosse, ad ogni stanza, ad ogni soglia, cieco e minaccioso, nel segreto del proprio intimo e nella necessità di manifestarsi ad ogni individuo...
Nella solitudine del suo spazio, quando la cupidigia e la voluttà lo straziavano come una febbre sconosciuta ed implacabile, la donna gli appariva con delle forze alternanti e confuse, ed egli gioiva e soffriva insieme, trasportato nell’illusione medesima del suo impulso.”
 Memoria, ricordi, sogni, sensazioni disparate - che si chiamano a raccolta dalle sofferte strade dei quotidiani percorsi di vita, e si rinforzano reciprocamente nell’andirivieni dei pensieri - pretendono di assumere una vita autonoma, non fermandosi nemmeno dinanzi alla esigenza di violentare, attraverso il sopruso personale, lo scrigno segreto delle cose gelosamente custodite nell’intimo. A quel punto non hanno più importanza nomi, luoghi, date, ma tutto viene a costituire un continuum in cui possiamo specchiare i nostri giorni e tentare di comprendere - vero “sogno nel bagaglio” che accompagna la sorte di ciascuno, ma che solo a pochissimi è dato attingere - cosa veramente siamo e verso quale fine tendiamo con il nostro misero agitarsi.
È la parola che arriva a consegnarci all’ingresso dell’altro e, dunque, all’interno del suo animo. Riusciamo, allora, in qualche modo a stabilire quel contatto che ci gratifica sommamente, e che troppe volte tentiamo senza saper superare la barriera verso coloro che ci sono intorno. Non importa il senso di esse! Possono essere di speranza, di dolore, di gioia, servono soltanto a rappresentarci presso l’altro e, ad un tempo, costituire testimonianza del nostro esistere. Nella metafora perseguita, ecco la stessa umanità prendere corpo attraverso l’innumerabilità delle sue voci, ciascuna particolare trascurabile ma tutte, nell’infinito insieme, di potenza sterminata, fino a simboleggiare il più alto degli obiettivi raggiungibili. È il modo per dar spazio ai sogni e alle speranze di ciascuno, ai ricordi profondi ed indelebili di gioventù che ci accompagneranno per il resto dei giorni a venire.
 “Il passato è tale perché non è più, il futuro è tale perché non è ancora, il presente soltanto è tempo e non eternità, perché trapassa continuamente nel passato, ed il tempo non sarebbe senza l’anima, dove il passato vive come memoria, il futuro come attesa, il presente come attenzione per le cose che ci sono dinnanzi. Solo la storia è un tempo fornito di senso con il suo passato, con il suo presente, con il suo futuro (colpa/redenzione/salvezza).”
Pretendono così corpo i tanti personaggi del passato: Federico e Lamberto, gli alunni fedeli, l’Anna anoressica, ma ben disposta di fronte alle incursioni amorose giovanili, don Franco che porge l’ostia ai fedeli con cura paterna, Giulietta ed il granitico zio Fernando, maresciallo dei carabinieri del tempo di guerra. Un’intera galleria di personaggi, attraverso le alchimie e le intuizioni metafisiche del dopo, assurgono a simboli delle tante facce di una vita qualunque, della nostra vita.
 “Nel riascoltarci, favola e tragedia si tramutano interamente dentro la vicenda del nostro corpo, come di una parte della quale non potremmo fare a meno legata ad una montagna di ricordi rivissuti come le immagini di un film, che non ci appartiene ed al quale vorremmo di volta in volta aggiungere qualche fotogramma...”
I sentimenti, l’amore, il sesso, anche l’adulterio, svaniscono a fronte della ricerca di una verità che non si lascia cogliere, confinata in un mondo estraneo, e la ferita della vita continua a gemere sangue. Non v’è immagine di quanto ci circonda che riesce a lenire la sofferenza di poveri figli sventurati...