Carla Cantone, Di lotta e di memoria

29-04-2014

"Se non cambiamo rischiamo di diventare un ente inutile"

Esce domani in un libro-intervista di Carla Cantone con Massimo Franchi dal titolo: “Di lotta e di memoria, Perché il sindacato ha ancora un ruolo" (Manni Editori). Secondo la leader dei pensionati Cgil il sindacato deve cambiare e guardare ai giovani se vuole continuare a contare. Un sindacato che deve tornare tra i lavoratori per ascoltare e farsi ascoltare, un sindacato che dovrebbe svecchiarsi a partire dal suo segretario generale: "Il giorno - scrive la Cantone - in cui avremo un segretario di 30 anni sarà bellissimo".
Huffpost pubblica in esclusiva alcune anticipazioni del libro.
 
“Penso che come Cgil da troppo tempo andiamo troppo poco nei posti di lavoro. Se vent’anni fa il rapporto con i lavoratori veniva mantenuto dai delegati, oggi anche la figura del delegato sta piano piano indebolendosi, riducendosi: i delegati sono sempre di meno. Ma questo è successo perché è cambiato il mondo del lavoro: perché c’è la frantumazione del lavoro, perché non c’è più la grande fabbrica, perché nel mondo del lavoro è entrata la precarietà, perché c’è stato lo smembramento, il decentramento. Ora è tutto molto più difficile, ma è vero che il sindacato non attira più come una volta.
E allora bisogna che noi ci mettiamo in testa che dobbiamo cambiare il modo di fare i sindacalisti. Dobbiamo andare a scoprire il mondo del lavoro che è cambiato.
Poi certo, c’è la crisi, la chiusura delle fabbriche, la crisi di risultati, il fatto che si stanno calpestando diritti che sembravano consolidati: tutto questo porta ad avere una delusione verso il sindacato. C’è un distacco al quale bisogna mettere un punto perché se noi non cominciamo a comportarci in modo diverso e non portiamo a casa dei risultati, saremo considerati quasi come un ente inutile, c’è poco da fare. Sì, i lavoratori ti ascoltano, perché c’è l’ora di assemblea, ma a volte non vengono più neanche ad ascoltarti. La verità è che non siamo più attraenti. E la colpa è anche nostra, non solo del fatto che il mondo è cambiato”.
 
Con tutti i mezzi per parlare ai giovani
“Il tema è come intercettarli, i giovani, tanto è vero che io penso che noi dovremmo mettere in atto un programma di coinvolgimento e partecipazione anche fuori dai luoghi di lavoro. Bisognerebbe ritornare a quando il sindacato per conquistare i lavoratori alle nostre battaglie, per spiegare chi eravamo, organizzava assemblee in ogni quartiere e in ogni piccolo Comune.
Io sarei per promuovere dibattiti e incontri anche fuori dalle sedi sindacali. E solo dopo questa fase di ascolto preparare piattaforme territoriali che tengono insieme occupati e disoccupati. Bisogna coinvolgerli, bisogna trovare tutti i mezzi per portarli a conoscere il ruolo e le funzioni del sindacato, altrimenti hanno un’idea del sindacalista che si allontana da loro, che è un burocrate”.

Il giorno che avremo un segretario generale di 30 anni sarà meraviglioso
“Dobbiamo trovare una via preferenziale per ringiovanire il nostro gruppo dirigente. Il problema è lo stesso dei precari: come è difficile andare incontro ai precari, allo stesso modo è difficile trovare giovani delegati che possano essere instradati alla carriera sindacale. Ce ne sono pochi, come ci sono pochi iscritti giovani. Tutto torna: senza lavoro c’è precarietà, se c’è la precarietà non ci si avvicina al sindacato e si fa fatica a trovare i giovani per il rinnovamento generazionale della dirigenza. Ma noi abbiamo l’obbligo morale di consegnare a chi è più giovane questa organizzazione. E se ci sforziamo, i giovani li troviamo. Bisogna però che anche i giovani dentro il sindacato facciano le stesse lotte che hanno fatto le donne per avere un riconoscimento anche di ruolo. Il giorno che avremo un segretario generale di trent’anni sarà meraviglioso”.

E sul Congresso della Cgil che si apre il 6 maggio a Rimini…
“Penso che dobbiamo porci il problema di superare questo metodo di fare congressi. Non va più bene, perché anche l’idea di preparare un congresso con proposte strategiche che durano quattro anni non sta più in piedi. La società e il mondo del lavoro cambiano velocemente e allora noi non possiamo pensare che a maggio 2014 decidiamo una strategia che dura fino al 2018. Io sarei per organizzare dei momenti di verifica anche annuale per analizzare ciò che è cambiato nel frattempo, ciò che abbiamo portato a casa e ciò che c’è da aggiustare”.