Enzo Minarelli, O' grande ventre dell'onda

20-05-2007

Il gioco della poesia, di Alberto Cappi

Con un titolo inusuale si agita in Manni editore O’ grande ventre dell’onda di Enzo Minarelli. Poeta totale, come direbbe Adriano Spatola, il ferrarese degli anni Settanta lavora sulla parola scritta, orale, visiva, televisiva.
Teorico della Polipoesia gioca da sempre con le lingue divertendosi con linguaggi e codici della comunicazione e con registri e stili i più diversi. In questo corposo testo l’intenzione è dichiarata in nota d’autore: far rientrare nell’alveo della scrittura poetica l’universo dell’arte, delle scienze, della musica, della politica. Un discorso anticrociano e di ricerca. Qui la scrittura si muove appunto come un’onda, crescendo poi a dismisura, dilagando nella pagina, non preoccupandosi dello spazio, rendendosi marea verbale. Una festività joyciana le dona allegria e annulla la temporalità: “Il mio Mandala è sempre uguale / tra bassorilievi altorilievi come presepe la Torre di Babele”.