Giancarlo Tramutoli, Uno che conta

05-07-2007
L’Affaire Cappelli: autore di sozzerie casalinghe, divetto letterario o maestro del romanzo?, di Antonio D’Orrico
 
Il caso Gaetano Cappelli, autore di quel libro (anche comico, nonché stilisticamente eccelso ed elegantissimo) che è Storia controversa dell’inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo, sta appassionando i lettori. Mi scrive, in maniera acre e risentita (e, per me, spassosissima, ma non credo per lui) il prof. Vincenzo Tripaldi di Potenza (come Cappelli): «Leggo un suo articolo, su di un presunto “grande” scrittore lucano e non so come è possibile arrivare a partorire certi confronti. Come si fa a paragonare un pidocchietto di scrittore a un gigante della letteratura internazionale come Roth? E come fa un critico letterario di un certo nome ad associarsi a un giudizio espresso da un poetucolo nostrano sconosciuto che, per amicizia, vede nella pornografia più stantia del suo amico, un’opera letteraria di grande e profondo spessore… Mistero. Ma il mistero più grande è il critico letterario che ha partecipato a un tale strampalato confronto esaltando le zozzerie casalinghe di un personaggio del tutto insignificante… Così si uccidono anche i grandi scrittori… Lei, venuto a Potenza sull’onda di Vallettopoli, ha parlato solo con un paio di finocchietti letterari esaltati, tra i piatti odorosi e profumati dell’ottima cucina lucana. Qui i cuochi sono migliori degli scrittori e i vini in eccesso sono anche la causa di sviste e allucinazioni letterarie. Cordialmente…». Non trovate grandiosa questa lettera? Bellissima è la lettera, sempre su Cappelli, di Alessandro Colella: «Nel 1990 avevo 20 anni, ero uno studente meridionale fuorisede e la sorte mi aveva fatto vincere 130mila lire al totocalcio. Comprai tantissimi Oscar ricevendo in omaggio un’antologia di giovani autori. Iniziai a leggerla. Il racconto che mi impressionò maggiormente fu Tre mestieri sentimentali dello scrittore potentino Gaetano Cappelli. Le storie di un sud borghese come quello che avevo avuto sotto gli occhi per 20 anni della mia vita salentina mi sembrarono per la prima volta raccontate senza filtri, senza inutili intellettualismi, senza i meridionalissimi e deprimenti piagnistei di rito. Da allora i libri di Cappelli rappresentano per me un piccolo evento, un dono che mi viene elargito in gran segreto perché tanto so che ci sarà sempre un (pur bravo) Piperno, una Marilù o una Melissa qualsiasi a occupare la ribalta delle cronache letterarie al suo posto. In altre parole, posseggo un segreto che divido con le persone alle quali voglio bene, regalando copie del Primo o di Parenti lontani. Non le dico perciò la mia sorpresa nel vedere il mio scrittore preferito sbattuto in prima pagina sul Magazine, come uno dei tanti divetti letterari. Ma come? Allora qualcuno s’è accorto di quanto io so da 17 anni? Sono preoccupati che tanti lettori affascinati da personaggi rothiani o richleriani finiscano per trovare molto più divertente e interessante un Riccardo Fusco (Storia controversa…), un Guido Cieli (Il primo), un (immenso) Carlino di Lontrone (Parenti lontani), decretando un successo di massa per Cappelli e privandomi della mia quasi ventennale “esclusiva”. Tanto so che non devo preoccuparmi. Nonostante il suo sforzo i lettori non se ne accorgeranno e anche questa piccola perla, cadrà nel vuoto dell’indifferenza». La lettera di Colella continua la prossima volta, quando si chiarirà anche il ruolo del romanzo Uno che conta di Giancarlo Tramutoli nell’avvincente Affaire Cappelli.