Giuseppe Cassieri, La strada di ritorno

07-04-2005

Cassieri: quel tabù di cui nessuno vuole mai parlare, di Claudia Rocco


"La perdita repentina dell'emozione". E' questo il tremendo e ultimo sintomo che fa capire al professor Giannutri di esser arrivato in fondo alla lunga spirale depressiva. E il tarlo che da anni lo tortura - morire per libera scelta, non attraverso il suicidio però, ma l'eutanasia - pone il suo ultimatum. Non rimane che rivolgersi all'ente morale, no profit, Free Exit. Un'équipe medica che su un'isola affacciata sull'Atlantico "traghetta all'altra sponda" non solo malati terminali ma anche "sani afflitti da turbe oppressive". Un trapasso assistito come lo è la nascita. Una richiesta onesta e da rispettare.
Giuseppe Cassieri non ha remore nell'affrontare nel suo ultimo romanzo, La strada di ritorno, uno dei tabù più forti della nostra società. Seguendo un io che si racconta cercando i motivi più profondi del suo "male di vivere", dall'infanzia a San Donato Valcomino al cinquantaseiesimo anno d'età ormai professore universitario a Roma. Grazie a una scrittura lucida, coinvolgente, ironica e crudelmente dura, mai lacrimosa, si vivono con divertita compartecipazione le prime esperienze di crescita in un habitat ricco di cultura ed umanità, condite dall'intelligenza vivissima e laica del protagonista. Un vero "cacadubbi" come ama definirsi. Dubbi e rabbia verso un mondo che diventa sempre più duro e ostile - forse non solo apparentemente. Fino alla totale disumanizzazione. E allora, meglio scendere. A meno di scoprire un motivo per tornare a sperare.