Luciana Amisano, Follia ed Eroi

06-10-2007

Ascoltando le voci della follia, di Nicola Vacca

La legge 180 con la chiusura dei manicomi, in realtà, voleva raggiungere uno scopo ben preciso. Abolire la follia, per propagandare la follia sociale, la follia dipendente da una condizione politica, deridere e dileggiare la psichiatria classica, infamare i vecchi psichiatri facendoli passare per aguzzini.
I sostenitori di questa legge dichiaravano non esistente la schizofrenia e altre psicosi, affermavano che era proprio il manicomio a tramutare in matto chi per caso vi era stato ricoverato.
Questo scriveva ne Gli ultimi giorni di Magliano, uno dei suoi libri più belli, lo scrittore psichiatra Mario Tobino, che ha vissuto una vita intera in manicomio, raccontando la follia come una delle più drammatiche manifestazioni dell’animo umano. Un’esperienza di vita sempre dalla parte di chi soffre, da considerare prima di tutto un essere umano. Poi è arrivata la psichiatria che prosciuga l’anima, quella che considera “il matto” un paziente da curare soltanto con gli psicofarmaci.
Raccontare la dimensione umana della follia, come faceva egregiamente Mario Tobino, interessa poco all’attuale generazione di psichiatri che confidano troppo nei farmaci e prestato scarsa attenzione all’equilibrio tra pensiero e sentimento.
Alla misura umana della follia dedica un libro Luciana Amisano, di professione psicoterapeuta. In Follia ed eroi (Manni editori, pagine 236, euro 18) racconta, con pazienza e amore, gli strani casi di disagio psichico con i quali quotidianamente combatte. Storie drammatiche di esistenze inverosimili, straordinari stati mentali che conducono alcune persone a comportamenti considerati inaccettabili.
La psicoterapeuta e la scrittrice ci portano in un universo altro, dove vanno prima di tutto considerate le sue ragioni umane. Bisogna assolutamente dare voce, e soprattutto ascoltare, coloro che non hanno la forza della ribellione o del cambiamento o la possibilità di cambiare un destino che appare predeterminato. Luciana Amisano nel suo rapporto con queste anime strane e con la loro schizofrenia non trascura mai le passioni inquiete che originano tutto, anche il pensiero della follia. Perché uno psichiatra, prima di tutto, deve sapere che il sentimento è il seme dell’uomo. Anche di quello folle.