Maria Acierno, Prigioniero numero 50860

20-02-2010
Devastanti ricordi di un prigioniero del Terzo Reich, di Dino Levante

 Una persona può morire anche due volte: fisicamente e nella memoria, ripeteva spesso l’ebrea convertita al cattolicesimo Elisa Springer. E le giornate della memoria non saranno mai troppe. Per ricordare i misfatti dell’uomo non contro la natura, non contro il cielo o contro il mare, ma dell’uomo contro il suo simile, dell’uomo contro l’uomo.

Proprio in questi ultimi giorni si sono svolte, un po’ ovunque, manifestazioni tanto per rammentare i campi di sterminio quanto per ricordare le foibe.
Maria Acierno, insegnante triestina trapiantata a Lecce dopo il matrimonio, ha pubblicato il volume Prigioniero numero 50860. La toccante testimonianza di un prigioniero di guerra vittima del Terzo Reich (verrà illustrata alle ore 18.30, presso la Libreria Gutenberg) a Lecce. Con l’autrice, interverranno Mariella Rizzo, docente di Storia contemporanea nell’università del Salento, e il giornalista Gianni Ferraris. Le voci narranti di Maria Grazia Maci e Piero Rapanà, con l’accompagnamento musicale del maestro Cosimo Lezzi, faranno ascoltare pagine scelte del libro. Coordina la serata Laura De Rinaldis.
L’autrice, ex insegnante in terra molisana, ha raccolto la testimonianza del sergente Cosimo, un suo parente (al quale ha dedicato il testo, insieme con il fratello Francesco), un prigioniero dei nazisti il cui numero di matricola era appunto il 50860.
E lo ha fatto facendo parlare il protagonista in una lunga, dolorosa sequenza di fatti e avvenimenti, dalla fede per la monarchia e per Badoglio alla prigionia, ma anche episodi di solidarietà da parte di rari tedeschi che non condividevano quell’agire disumano. Dopo il ritorno in patria e un lunghissimo silenzio (quello stesso che ha caratterizzato l’esistenza di molti reduci che volevano solo dimenticare), l’ex militare decide di parlare.
Molti faticarono a ripulirsi dall’infamante marchio di “traditori” che venne loro addebitato perché cambiarono bandiera. È la storia di uomini che rimasero tagliati fuori dalla Resistenza e che, forse, al ritorno, non riuscirono a comprendere che il fascismo era finito e che la democrazia muoveva i suoi timidi primi passi.
Nel libro sono raccontate, con ricchezza di particolari, le vicende di uno dei tanti italiani che, dopo l’8 settembre del 1943, non seppe se la parte che aveva scelto fosse la giusta. Il libro si apre con una significativa poesia di Giuseppe Ungaretti, un simbolo della prima guerra mondiale, versi scritti dal fronte, emblematici. Il protagonista inizia la sua storia in Grecia, poi i nemici si trasformano in alleati e viceversa, lo sbandamento e la deportazione a Dortmund. Dal 1943 al 1945, anni terribili per un monarchico, servitore dello Stato contro ogni forma di violenza. Per sempre.