Raffaele Valentini, La prigione sotto la neve

27-03-2009
Valentini a Bitonto

Dalla cittadina di Turi, in provincia di Bari, nota soprattutto per aver ospitato nel carcere locale Antonio Gramsci negli anni del fascismo, arriva un romanzo di recente pubblicato per Manni Editori da Raffaele Valentini con il titolo La prigione sotto la neve (pp. 152, euro 16), anch'esso strettamente legato alla vicenda che vide l'intellettuale comunista internato a Turi per motivi politici.

Raffaele Valentini è nato e vive a Turi, dove abita da sempre a pochi metri dal carcere, grande isola di pietra adesso inglobata al centro del paese. È docente di lingua inglese, giornalista, cofondatore e direttore responsabile de "il paese". Ha pubblicato libri in italiano e nel dialetto di Turi. Quella del romanzo è la vera storia di Sandro, marittimo di professione, condannato all'ergastolo per omicidio, detenuto nel carcere di Turi. Nel libro c'è la sua vita - come una prigione senza limiti e senza tempo - ricucita dentro e fuori i vari penitenziari, insieme alle sue passioni, le assenze, la tragedia. Un giornale di bordo solitario. Un diario postumo narrato da chi lo ha conosciuto e ascoltato negli incontri affumicati da mille sigarette, tra esitazioni, fughe, pacificazioni e malinconici bicchieri di buon marsala.

Con queste parole l'autore introduce il suo stesso romanzo: «Abito da sempre a pochi metri dal carcere di Turi (lo stesso di Gramsci, Pertini), una gigantesca isola di pietra adesso inglobata tra le case, al centro del paese. E, da sempre, il carcere è presente nei miei occhi, nei miei pensieri, con la sua forma essenziale, sovrastante e nuda, con tutta la sua umanità che sento respirare al di là delle finestre di ferro affacciate sulla mia stradina. Un'umanità che tossisce malamente, impreca, grida, si lamenta, esplode per i goal delle partite di calcio, stende qualche piccolo indumento ad asciugare sulle sbarre dietro i vetri, saluta richiami dai marciapiedi di sotto, talvolta protesta, rare volte ride.
Quando poi ho conosciuto Sandro Zerbola, in giro per i nostri giardini, libero, senza mete dichiarate, ho capito anche molto di più dalle storie delle sue parole. E non avrei mai voluto che un giorno avesse dovuto smettere di raccontare. Nelle pagine che seguono ho cercato di ricomporre, per quanto possibile, alcuni capitoli delle sue avventure taciturne, quasi una sorta di ''Diario Postumo'', un diario periodico dei nostri incontri affumicati da mille sigarette, passati indenni tra un bicchiere di buon marsala e una immancabile vogliosa ''pasta alla crema''. Parole trascritte come in un giornale di bordo che potesse registrare la fatica di vivere di quanti passano gran parte della propria esistenza in uno spazio escluso, dilatato dal tempo, lacerato dai sensi di colpa, limitato dalla condizione solo nei gesti apparenti. Per cercare di restituire attenzione, e dignità, a tutti coloro che scorgiamo distrattamente oltre le inferriate. Persone delle quali, spesso, molti non sanno o non ritengono che possano avere pensieri e sentimenti. Vite da continuare».