Sandro Dell'Orco, La dimora unica

03-11-2009
Come un breve romanzo, di Nunzio Festa

Dell'Orco da Kafka a Beckett, passando per la sua stessa Delfi. Il narratore Sandro Dell'Orco, pregevole penna, va ricordato, ha deciso con “La dimora unica” di misurarsi con la sceneggiatura teatrale. E il risultato, va subito specificato, e dei migliori; nel senso che da un tentativo, o meglio da una sperimentazione più bellezza di questa forse non sarebbe potuta uscire. Non a caso, il testo comunque si legge come un breve romanzo. Con inquietudini, ha ragione Muzzioli, che sanno per esempio di Franz Kafka. Ma che non dimenticano di ricordare l'opera dello stesso autore, Delfi, con rimandi ideali a essa, quindi. Il gioco della e con la metafisica, se pur non l'avesse sottolineato sempre Muzzioli, è chiaro e lungo. L'incidente bello avviene, poi, fra realtà e allucinazione, insomma tutto per fantasia. Lo sperimentalismo, in un certo senso, è la dose principale che esce dal testo. Una prova letteraria, questa, da provare sul palcoscenico per comprendere se il lato grottesco del buio e l'irrisione dell'idea di complotto sono pensati quali elementi carichi di forza attrattiva. Che però, pure, sono capaci di far ragionare in continuazione sulla involontaria abitudine di certe donne e uomini, e i casi sono davvero tanti, di rimanere soggiogati da un'idea o idee più pressanti oppure restare vittime della giornaliera confisca della capacità d'autonomia critica. Insomma, La dimora unica è un testo fortemente attuale, come un classico, quando allo stesso tempo è un'opera che lo scrittore Sandro Dell'Orco affida a questa modernità per dare al teatro pezzi di novità e alle novità parole di saggezza. Il potere attuale, d'altronde, non è altro che il potere di sempre. Nonostante la gestione di questo cambi di mano e piede. Ecco allora che prendendo dalla “dimora unica” si legge sempre il presente.