Simone Pangia, La salita

01-03-2008

La missione di Cesarino, di Fabio Pedone

Siamo nel 1944, il giovane Cesarino trascina la sua rustica vita fra i monti del basso Lazio, dopo aver perso il padre; ma è assillato da dubbi, e in breve non gli basta l'esiguità degli orizzonti chiusi da quelle montagne appena sfiorate dalla guerra in corso, fra le chiacchiere di paese, i poteri atavici e le storie che i braccianti, stremati dopo una lunga giornata, raccontano gonfi di vino davanti al fuoco. La vox populi a questo ragazzo silente e meditabondo ha affibbiato un soprannome, 'addormut', di contro al padre che nella sua rozza vitalità era un 'pozz'esse accis'. Parte da questi semplici caratteri, delineati con l'amorevole cura di un esordio letterario, il breve romanzo 'La salita' di Simone Pangia, presentato il 23 febbraio scorso presso il Comune di Formia. Un'opera prima, uscita per un ottimo editore, Manni di Lecce, nella collana significativamente intitolata 'Le Occasioni', che raccoglie in un precipitato essenziale umori, esperienze e riflessioni attraversate finora dal trentenne autore; ma non per crogiolarsi in un risultato, per quanto affidabile, bensì per gettarle nel futuro. Come si getta nel futuro, e nel suo , il protagonista del romanzo: Cesarino infatti rompe con la sua vecchia vita, parte, si dà una missione: salire la montagna che domina la sua valle per dipanare il mistero degli Eremiti, favolosa setta ascetica. La salita del monte è un addio ad ogni ieri e un percorso iniziatico in cui tutto il passato viene rivissuto e reinterpretato; e il ragazzo che ascende è minacciato e quasi sopraffatto dai sensi di una natura gigantesca e potente, estranea all'uomo e alla sua misera esistenza. Più progredisce nel cammino, più Cesarino si stacca dal proprio paese e dalla sua cultura limitata e limitante, dalla figura oppressiva ma amata del padre (affrontato stupendamente in un monologo a due) e anche dalla memoria di un amore infantile, assoluto, mai confessato. E' un itinerario di crescita, in cui - come sempre accade - l'oggetto esplicito della ricerca non è quello reale: gli Eremiti sono fuggiti o forse non sono mai esistiti, ma il racconto, il mito che ha spinto Cesarino alla ricerca gli ha fatto trovare qualcosa di incommensurabilmente più prezioso: il senso di se stesso, l'esistenza non come un compitino da svolgere ma come una scommessa da rinnovare giorno per giorno, il trascendente come un continuo interrogativo. Tre quarti del libro sono solo una preparazione, una lunga rincorsa memoriale verso quel salto che consegnerà Cesarino all'età adulta, e alla piena responsabilità di essere e di vivere.