Rosemary Jadicicco, Frammenti di vetro

17-06-2005

Una poetessa nel caos della modernità, di Nicola Vacca


La poesia genera intrecci ed emozioni che si insinuano nel tempo presente, scavando solchi di senso. La poesia fa molto di più, della contemporaneità diventa la bussola. Essa attraverso la parola detta le regole etiche dell’orientamento. Insomma per comprendere come va il mondo, cosa si nasconde nelle venature segrete del suo caos, c’è bisogno dei poeti.
Scoprire una nuova voce poetica che dirige la propria ricerca in questa direzione lascia ben sperare. Così è stato con Rosemary Jadicicco, che si presenta ai lettori con un libro singolare, denso di intuizioni fulminanti. Frammenti di vetro è soprattutto questo. La poetessa, coltivando la categoria filosofica del frammento, esplora le ferite della nostra epoca, esamina il grande freddo della storia, ascolta i battiti più remoti del cuore per tracciare una mappa interiore del divenire.
La sua poesia è disseminata da tracce di pensiero che polverizzano l’istante: in silenzio l’anima delle cose si colora di una metafisica surreale. In questa zona franca i sogni incontrano gli incubi, i dilemmi dei cattivi sentimenti naufragano in una notte simbolica dove è possibile tentare di arrischiare parole nuove a garanzia dell’uomo.
La Jadicicco dischiude i suoi pensieri come conchiglie abbandonate sulla spiaggia di stagioni perdute nel tentativo di dare vita a una magica alchimia che ricomponga i frantumi del tutto. Senza mai perdere di vista il contingente la poetessa si avventura nel labirinto del mondo, bisognoso di un’autentica pace del cuore.
I suoi versi sentono le pulsazioni dell’eterno presente,  interpretano il dolceamaro delle tante incertezze che rendono provvisoria la presenza umana sul pianeta Terra.
A Rosemary interessa l’essenza filosofica del fare anima. Il poeta si affida alla grammatica delle emozioni per leggere il libro segreto custodito nel profondo sentire di quel magico dono che è la vita.
Con la solitudine perfetta di un pensiero forte l’autrice propone una lettura appassionata del vivente. Le sue riflessioni si insinuano nel linguaggio delle cose, accarezzano il manto oscuro del codice terrestre, violentato dall’aggressiva invadenza di una distruzione cosmica, che avanza senza pietà per distruggere i corpi e le anime.
La poetessa napoletana nei suoi versi cerca parole e pensieri per una via d’uscita: non si rassegna alla scoperta di una nuova luce, nonostante l’oscurità accerchi dappertutto le nostre azioni. Siamo di fronte a una poesia che propone scintillanti invenzioni per raggiungere con una leggerezza pensante una felicità che spetta all’umanità per diritto.
Troverete versi ispirati da una luce divina che agiscono nelle oscurità impenetrabili dell’essere. Scavando nelle profondità della superficie sarà possibile intuire tracce di salvezza: «…la luce illumina / ogni recesso della mente / ritorna finalmente / a bruciare / il sacro fuoco / dell’umanità».
La poesia di Rosemary Jadicicco ha il coraggio di rivolgere il suo sguardo a pensieri di luce proponendo, controcorrente, una dichiarazione di poetica che prende ragionevolmente le distanze dalle mode effimere del nichilismo contemporaneo e dalle sue assenze di senso.
Il compito della poesia è quello di riempire il caos, restituire splendide armonie alle gradazioni sensibili del cuore.
Morire nella vita è la cura suggerita dalla poetessa per l’anima violentata dai pensieri distruttivi di un presente che non rispetta le ragioni dell’essere umano. Soltanto così quel magma incandescente di amore, passione, pensiero tornerà a scorrere nelle ragioni del nostro tempo ferito.
Questi versi li amiamo perché la sua autrice, sottovoce, con umiltà, e sensibilità ha avuto il coraggio di riflettere filosoficamente sul corso delle cose, a cuore aperto senza maschere e dissimulazioni.
La poesia non è altro che entrare nel mistero delle parole, fare in modo che queste possano alla fine diventare vita, destino, così come diventano bellezza.
Rosemary ha messo a nudo il suo cuore, mostrando il coraggio di conoscersi a fondo,  ma soprattutto senza aver nessun timore di donarsi. Così nasce la buona poesia. Noi gliene siamo grati.