Federica Francoli , Diario domestico

01-04-2011

La trasfigurazione del quotidiano, di Graziella Buzzi

Trasformare la consunta consuetudine femminile in poesia che stupisce nella sua apparente semplicità è la magia del libro di Federica Francoli. La raccolta è divisa in tre sezioni. Nella prima parte le poesie non hanno titolo e spesso è una sorpresa leggere i versi e scoprire come le parole attente abbiano la capacità di trasformare ciò che sembrerebbe non trasformabile. La prima poesia impiega dieci bellissimi versi che ci sorprendono nel cercare di capire che cosa sia questo piccolo fantasma del nitore, folletto della semola, questa ergastolana della cucina, per arrivare all’ultimo verso in cui una felice allitterazione funge da titolo e soluzione: farfalla della farina. Ecco dunque come la trasfigurazione, la mutazione di un elemento così domestico, così consueto, così consumato dall’abitudine casalinga diventa poesia. E come avviene tutto questo? È lo sguardo attento e nel contempo affettuoso che sa guardare con un sorriso benevolo alle cose minute che scorrono insieme a noi nella nostra vita. Non solo, ma sa scegliere con sapiente acutezza le parole che hanno il compito di esprimere un significato ulteriore delle cose. Come si fa? È la magia, ma anche la forza cognitiva della poesia di cui Federica Francoli è esperta. La seconda composizione è un quadro teatrale: una donna stira ascoltando la Bohème e l’ultimo verso sovrappone la scenografia dell’opera pucciniana allo sguardo della donna alla finestra. Ci sono poi tre intense poesie dedicate al “vicino dell’ultimo piano” di cui non si sa niente: Avrà una sua poltrona, un suo divano, / uno stendino per la biancheria / con le mollette in fila / come soldatini? Nella seconda, i calzini fantasmini diventano una sorta di metonimia folgorante, perché ancora una volta è l’elemento apparentemente trascurabile e consueto a diventare elemento di verità. Per sempre se n’è andato / il vicino che non si vedeva mai / di lui non resta che un’orma / di bucato: / due bianchi fantasmini appesi al sole. Una terza poesia conclude con il vicino dell’ultimo piano, risolvendo la definitiva assenza con una efficace ed essenziale forma verbale nell’ultimo verso “c’era” che fa rima con “una finestra nera” del secondo verso. Le altre poesie di questa prima sezione della raccolta assumono un tono più sentenziale, senza mai però staccarsi dalla grande risorsa dell’elemento quotidiano. E per il faticoso travaglio della coscienza, Francoli usa ancora una volta la metafora del condominio: Per tutti arriva prima o poi / il secco consuntivo di gestione / delle spese in condominio. La seconda parte della raccolta si intitola Familiari, e ha come protagonisti tre uomini: il figlio, l’uomo amato e il nonno. L’andamento è più narrativo, descrittivo, ma rimane comunque l’elemento concreto della dimensione domestica: la tazza di Ovomaltina, il cerchio di latte sul tavolo in “Al figlio adolescente partito per le vacanze”. Accenti sabiani si ritrovano nel testo “Infagottato in poveri panni” in cui l’alternarsi dei tempi verbali, dal passato remoto al presente, ci regala una forte dimensione narrativa. In Eldorado, l’elemento del ricordo è riagganciato a quel piccolo mattone di gelato che diventa l’elemento base per la costruzione di quella casa di biscotto e fiordilatte che è il cuore, il centro degli effetti famigliari: Avrei potuto costruirci una casetta / con tutti quei mattoni / una casa di biscotto e fiordilatte. Le cinque poesie dell’ultima sezione sono tutte dedicate all’intenso rapporto madre-figlio, giocato con sapiente ma anche malinconica ironia sulle parole e le note del Trovatore. L’autrice trasforma l’Azucena verdiana nella Madre, facendo emergere il sentire profondo e talvolta doloroso della maternità. In queste ultime poesie diventa importante anche l’elemento dialogico. L’autrice fa parlare il figlio di una sorta di dialogo: Ma vuoi lasciarmi stare? / Non sono un origami / nelle tue mani. Nella poesia conclusiva sono tre i protagonisti a parlare: il libretto del Trovatore, la Madre e il Figlio: Sei tu dal ciel disceso / o in ciel son io con te? / “Che roba è?” / “Il Trovatore” / Se vivi e viver brami / fuggi da lei, da me / (Lenta la madre sorseggia il suo caffè). Ancora una volta è messo tra parentesi (bella ed efficace scelta tipografica!) il grande elemento di verità che permane nel quotidiano: dinanzi alla vita che scorre che cosa può fare una madre / una donna se non guardare (tra parentesi) e sorseggiare lentamente il suo caffè.