Piera Mattei, Melanconia animale

01-04-2008
Una specie di fatina, di Francesca De Carolis

C'è qualcuno in città, che si aggira salvando piccioni. Una donna armata di forbicine, piccolissime, per liberare gli uccelli dai fili di plastica che i volatili raccolgono per costruire nidi, ma nei quali spesso rimangono impigliati, ferendosi, mozzandosi a volte persino gli arti. Una specie di fatina urbana, che immagini comparire all'imbrunire, compiere paziente la sua missione e poi svanire nella notte, magari volando via. Lieve, come la scrittura che ce la svela, nelle pagine del libro di racconti di Piera Mattei. Melanconia animale. Racconti che dalle prime parole, quasi un fiato, "tradiscono" la sua autrice. Che, mi permetto, molto più che scrittrice è poeta. Proprio a una fatina avevo pensato la prima volta che l'ho vista, Piera. Minuta e cortese, d'una cortesia profonda d'altri tempi. Dalla voce sommessa e delicata, quasi un filo, ma di parole profonde e attente. Per seguire tracce e intrecci di vita. Sottile e a volte come stupita, la voce delle sue parole. Dinanzi alla nostra malinconia, di cui, ci fa notare, riusciamo a contagiare le città, l'aria che respiriamo, i nostri animali. A volte, la loro, quella degli animali, diventa voce di pianto. Rileggo alcuni racconti. Oggi che so dell'annuncio di voli su Marte, con dei macachi passeggeri involontari. Saranno esposti all'ambiente cosmico, dove piovono abbondanti radiazioni, per studiarne l'effetto sui corpi. Sacrificando al disumano egocentrismo ancora cavie animali. Ma cosa volete che sia, una dozzina di macachi. Un nulla da aggiungere ai milioni di bestiole che ogni anno immoliamo, l'esempio più stupido, sull'altare della nostra camuffata bellezza.Rileggo, a cancellarne il pensiero, la storia della fatina buona dei piccioni. Che "con tanta tenacia lotta non contro eventuali nemici dei suoi volatili, nemici esterni che pure esistono, ma contro i lacci che gli uccelli stessi, con gioia, pensando di aver trovato quello che faceva per loro, si sono stretti intorno alle esili e rossastre caviglie, il punto debole e più esposto del loro corpo. Va a cercarli impugnando il sottile strumento atto a liberarli, parabola silenziosa di un insegnamento valido universalmente". Racconto che oggi, che i pensieri si sono sciolti, leggo parabola della nostra storia.